Oltre 30 anni di Est-Ovest inseriti nella vita cittadina

Il club di Vicolo Passiria: non solo luogo di ritrovo ma fucina di idee e di cultura Testimonianze di decine di protagonisti per un percorso intellettuale e sociale


di Gigi Bortoli


MERANO. Il «genius loci» di Merano non poteva che annidarsi là. Un «genius loci» collettivo e nel segno dell’arte e della cultura. Là, nel lembo a nord-est della città, tra Porta Passiria e Porta Bolzano. Tra quel filare di case che fiancheggiano vicolo Passiria, vicolo Steinach, piazza Steinach, via Haller, vicolo Ortenstein, raggiungono piazza Duomo, per chiudersi, scendendo via Leonardo da Vinci, a Porta Bolzano. La Merano vecchia, quella cinta dalle mura, in realtà era segnata da quattro porte: Porta Passiria, Porta Bolzano, quindi scendendo corso Libertà - in piazza Teatro - Porta d’Ultimo, e spingendosi lungo la via delle Corse, Porta Venosta. Oggi, quando si parla della Merano vecchia, non si pensa più al quadrilatero in cui era racchiusa la città, segnata dalle quattro porte, bensì, appunto, a quel segmento di territorio che da Porta Bolzano si spinge fino a Porta Passiria, tralasciando addirittura gli storici Portici. Un mondo a parte, quasi, quasi - si badi bene - intatto (ma anche lì non sono mancati interventi urbanistici che ne hanno un po’ compromesso il disegno originale). È sempre stato un luogo d’immaginazione e utopie. In tale angolo di città, punteggiato da negozietti artigianali, edifici fatiscenti, sulle cui scolorite facciate si possono leggere ancora scritte indicanti le finalità d’uso dell’edificio, da sempre c’è stato chi l’ha trasfigurato immaginandolo fonte di un’energia creativa. E, infatti, i creativi lo hanno fatto proprio da sempre.

E non pare neppure casuale il fatto che in tale area si trovino l’Archivio cittadino e soprattutto il Museo civico realizzato in quella che fu la residenza dei Mamming e che oggi si è trasformato in edificio museale assumendo il nome di Palais Mamming. Per anni abbandonato a sé stesso, oggi ha recuperato tutta la sua bellezza (anche architettonica). L’edificio, all’ultimo piano ospitò per un lungo periodo un museo privato, il museo Steiner, ma dal 1991 passato di proprietà al Comune di Merano, fu anche sede dell’associazionismo cittadino. Lì per anni ebbe la sua sede, ad esempio il Piccolo Teatro di Mario Tartarotti. Di fianco al Palazzo Mamming, tra vicolo Passiria e via Haller, si trova il teatro parrocchiale di San Nicolò. Un altro luogo in cui la creatività ha avuto libero sfogo. Ospitò, infatti, le numerose recite del Theater in der Klemme di Franco Marini per un lungo periodo, prima che il gruppo teatrale si trasferisse nell’attuale Theater in der Altstadt di corso Libertà. Mentre all’imbocco di vicolo Passiria spicca un murales artistico che ha avuto anche una risonanza internazionale, introducendosi in via Haller ci si imbatte nel Gasthaus Partànes, una volta Ristorante Dolomiten. Lì poteva capitare di gustare musica suonata da gitani. Immediatamente dopo, testimoniata da una targa esterna all’edificio, c’era l’Evangelisches Bethaus-Pfarrhaus und Schulhaus 1862 - 1904. La targa è firmata da Thilo Tschirschky. Da quelle parti, affacciata sul giardino di Castel Kallmünz del Conte Meinhard Khuen, c’è l’abitazione dell’artista Matthias Schönweger, un autentico giocoliere delle parole e artefice di performances sempre spiazzanti. Ma il vero tesoro nascosto di via Haller è l’Offizin S. di Siegfried Höllrigl. Si trova in un edificio dalla facciata vetusta sul muro della quale di può leggere la scritta Gemischtwaren, antica destinazione d’uso dell’edificio. L’Offizin S. è un mondo unico in cui l’odore della stampa a caratteri di piombo è pregnante. Un cenacolo in cui l’arte, la cultura, la letteratura prendono per mano l’uomo e lo conducono in nuovi mondi. In faccia all’Offizin S., per alcuni anni punto d’attrazione artistico-culturale era la Kunstrampe di Jakob De Chirico (oggi abitazione privata). Per un certo periodo fu una girandola di artisti di fama internazionale. Per tutti, ricordiamo Aldo Mondino. Sempre lì alla Kunstrampe si esibirono per la prima volta i Repeatles, cover band dei Beatles ancora oggi sulla cresta dell’onda. Di fronte alla stamperia-galleria d’Arte di Siegfried Höllrigl, c’è il vicolo Steinach. Prima di raggiungere piazza Steinach (un tempo piazza Santa Barbara), c’è l’appartamento-museo di cultura tirolese di Marisa Vanni. Veicolati dall’Azienda di soggiorno, numerosi i turisti che l’anno visitato, così come ad esso s’è interessato un programma televisivo della Rai.

Poco oltre, sulla sinistra ci s’imbatte nel Centro Studi tibetani “Mandala-De Ua Ling”, mentre immediatamente di seguito, al n. 1 della piazza, abita una delle testimonianze viventi della città del Passirio: Vittorio Cavini. Giornalista, viaggiatore, scrittore, voce critica sugli stravolgimenti architettonici della città. Con sua moglie Silvia (fotografa e poetessa), per anni è stato un punto di riferimento politico e culturale per molti meranesi.

Nell’edificio sulla destra rispetto all’abitazione dei Cavini, spicca una targa che ci ricorda che lì, in quella casa, è nato il pittore Josef Telfner (1874-1948). Confinate con lo stesso edificio c’è uno degli ingressi al giardino di Castel Kallmünz dove per anni ha trovato la sua sede naturale il festival Merano Jazz e dove tutt’ora si tengono varie iniziative pubbliche e proposte musicali. Proseguendo in questo passeggio, lasciando sulla sinistra alcuni edifici in parte diroccati e in parte in fase di ristrutturazione, prima d’imboccare la salita che conduce a Porta Passiria, sulla destra si staglia la facciata di quello che fu l’Hotel Merano dove visse il filmaker Bruno Jori e il figlio, anche lui artista affermato, Marcello. Risalendo verso la porta che si apre sulla Val Passiria (la Ortensteingasse), sulla sinistra, in un edificio dall’ingresso “corazzato” nel segno della modernità, è ospitata la “A00” Gallery”, recentemente istituita da un collettivo di artisti guidati da Christian Martinelli. Sempre in un appartamento dell’edificio, si pratica lo yoga. Lungo il lato della casa medesima, proprio sull’angolo che introduce in via Haller, ha avuto vita difficile un Milch Bar alternativo, di cui esiste ancora la scritta, oggi trasformato in ufficio. In quegli stessi spazi negli anni Sessanta esisteva un negozietto di cianfrusaglie di vario tipo, compresi giornali e fumetti, che avidamente andavamo a ricercare. Quasi di fronte a tale edificio viveva un componente della celeberrima “Valanga Azzurra”, il grande e non dimenticato Erwin “Cavallo Pazzo” Stricker. Immediatamente dopo ha il suo studio il fotografo Damian Pertoll e di fianco vive la storica d’arte Anna Pixner Pertoll (sua madre) autrice di un prezioso libro sulle ville meranesi, “Ins Licht gebaut”. Lasciando sulla sinistra la via Haller, spingendosi un po’ oltre, ecco un negozio, oggi, chiuso, dalla scritta in carattere gotico inequivocabile: Antiquitäten. Prima di raggiungere la Porta Passiria, sulla sinistra, ad introdurre vicolo Passiria, lo storico ristorante Santer Klause, oggi chiuso. Nell’abitazione sovrastante ci visse anche il pittore Giancarlo Biolcati. E in una delle poche camere che il Santer Klause riservava ai turisti, soggiornò l’architetto Renato Nicolini nei suoi soggiorni meranesi. Nel 1977, durante le giunte di sinistra di Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli, sotto la sua guida - all’epoca Nicolini era assessore alla cultura - prese corpo l’Estate Romana, un evento unico.

Ebbene, proprio ispirandosi all’idea di Renato Nicolini, Harry Reich, qui a Merano, dette vita alle sue kermesse culturali: La verità è più che nuda, La notte, Il pellegrinaggio dei sogni. Quasi in faccia al Santer Klause, in un negozietto angusto, scattò un’altra scintilla di segno culturale. Proprio lì, Evelyn Ortner, con la vendita o il noleggio di abiti usati e demodé, dette corpo ad un’idea visionaria: il Museo della donna.

Coinvolgendo altre donne il sogno si realizzò e per anni la sede prese corpo sotto i Portici. Alla scomparsa della sua ideatrice, il museo continuò a vivere grazie alla passione di quelle che furono sue collaboratrici. Superate alcune traversie burocratiche e non solo, anche grazie all’intervento pubblico, l’idea di Evelyn Ortner trovò definitivamente la sua sede all’imbocco della via Mainardo assumendo il nome di Museo delle donne. Proseguendo il nostro passeggiare, ecco, superato un archetto, il Club Est Ovest, da anni “l’ombelico del mondo”. Luogo talmente pittoresco che è stato scelto anche quale set cinematografico per il “giallo” con l’attore Tobias Moretti, girato in città (2016). Per esigenze filmiche ha assunto il nome di “Bar zum Wolfi”.

Ebbene, l’Est Ovest è l’unico luogo davvero alternativo della città. Dovesse trasferirsi in altra zona cittadina crediamo perderebbe il suo carattere originale, ma soprattutto a perdere molto sarebbe la Merano vecchia. Sulla destra del bar si legge ancora il nome della parrucchiera Marion, mentre scendendo immediatamente dopo l’Est Ovest, spicca la sartoria originale, dalle coloriture etniche, di Gabi Bertagnolli. Lì attorno vive l’artista, Franz Pichler, altra figura alternativa che attraverso l’arte ha scritto pagine di vita meranesi. In uno dei negozietti affacciati sul vicolo, a cavallo tra anni Sessanta e Settanta si vendevano gadget di gran moda in quegli anni, tra cui le spillette “Fate l’Amore, non fate la guerra” e altra oggettistica di grande richiamo in quegli anni.

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