Paolo, il ritorno alla vita a cinque anni dal trapianto

I genitori: «A salvarlo è stato il cordone ombelicale di una mamma di Milano» A Bolzano in un anno lo hanno donato solo in dodici: «Manca informazione»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Paolo Carpino, un ragazzino di 8 anni di Ora con due occhioni dolcissimi, festeggerà il 15 gennaio il quinto anno dal trapianto che gli ha salvato la vita. Oggi frequenta la seconda elementare e conduce una vita assolutamente normale, tra i compiti di matematica, la passione sfrenata per il Nintendo e la ricerca di uno sport che fa per lui dopo aver provato persino Kickboxing e Brasilian Ju Jitsu. Certo, deve fare controlli annuali a Padova e una puntura la sera a base di ormoni della crescita, ma si tratta veramente di nulla rispetto a quello che ha passato. E questo grazie alle cellule staminali di un cordone ombelicale di una mamma che l’aveva donato a Milano. «Era la nostra unica possibilità, dopo che si era ammalato di leucemia linfoblastica acuta e, finita la chemio, aveva avuto una pesante ricaduta».

Passata quell’esperienza la mamma di Paolo, Katia Bonazzo, è diventata una testimonial dell’Adisco (l’associazione donatrici sangue cordone ombelicale), che si batte soprattutto per informare le mamme incinta, che oggi ignorano - nella maggior parte dei casi - questa possibilità. «Lo scorso anno sono state solo dodici le mamme a donare il cordone ombelicale, che normalmente viene buttato via, dimenticando che contiene sangue ricco di cellule staminali, le stesse del midollo osseo». E una donna che decide di donare quel sangue offre a tante persone malate una speranza in più di guarire e tornare alla vita. Proprio come Paolo. «La banca dati - racconta Katia - è internazionale. Un bimbo di Merano è stato salvato recentemente da una donazione fatta in Spagna. Non ci guadagna nessuno, ma si salvano molte vite a differenza delle banche private».

Possiamo dire che Paolo oggi conduce una vita davvero normale?

«Sì, assolutamente. Una puntura al giorno, per lui, non rappresenta nulla. E i controlli, ora, sono annuali».

Nulla di diverso rispetto ai suoi coetanei?

«Forse fa un po’ fatica a buttarsi quando deve usare il fisico e non ha grande confidenza con l’acqua, ma questo potrebbe valere anche per altri suoi coetanei che non hanno passato quest’esperienza».

Lei e suo marito temete una ricaduta o vi sentite sempre tranquilli?

«Quando si ammala la paura un po’ ci assale. Ma quest’anno, ad esempio, ha fatto l’influenza una sola volta all’inizio della scuola. Ora ha finito tutte le vaccinazioni e si è riportato alla pari con i suoi compagni. Di sicuro non viviamo, però, nell’ansia. Apprezziamo, forse più di altri, ogni singolo attimo».

Gli piace lo sport?

«Lo scorso anno ha provato anche a sciare grazie all’associazione Peter Pan e si è divertito. Per un po’ si è cimentato anche con le arti marziali. Avendo uno zio che ha giocato a hockey in futuro potrebbe, forse, calzare anche i pattini».

E a scuola come va?

«Bene, è curioso e vivace».

Ieri era alle prese con le sottrazioni e per renderle più “digeribili” le alternava con una partita al Nintendo. «Ma ho fatto più compiti, che partite...», spiega proprio Paolo.

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