la nostra campagna

Passo Rombo, il pedaggio non funziona

Nonostante il costo elevato (21 euro) la strada fra Passiria e Ötztal è iper-frequentata. I pericoli di una salita in bicicletta


di Davide Pasquali


PASSO DEL ROMBO/TIMMELSJOCH. Per ridare pace e dignità agli alti passi alpini e dolomitici, il pedaggio da solo non basta. Anche se arriva a costare parecchio. Non ferma i turisti, anzi, li attira. Lo dimostra il caso della strada panoramica internazionale del passo del Rombo, che abbiamo percorso in bicicletta, per capire quali e quanti pericoli corra chi non è motorizzato. Salire dalla val Passiria per poi scollinare nell’austriaca Ötztal e poi tornarsene indietro costa la bellezza di 21 euro per un’auto, 19 per una moto. Eppure, è un andirivieni ininterrotto, in entrambi i sensi di marcia, dalle 7 del mattino alle 20, quando la strada viene sbarrata per la notte. Auto, moto, sidecar, scooter, autobus, camper, decapottabili, fuoriserie. A soffrire oltremodo, come detto, sono i ciclisti, specie negli ultimi 7-8 ripidi ed esposti chilometri della salita lungo il versante italiano. In molti tratti manca il guardrail, nei punti più pericolosi a lato strada c’è ben un muretto, ma è alto solo poche decine di centimetri. Basterebbe forse a fermare un’auto che impattasse con un angolo di 10 o 20 gradi, non certo le alte ruote di una bici, men che meno il ciclista, che in caso di urto decollerebbe giù per le scoscesissime erte erbose, fin nel fondovalle. Eppure, in tanti, in troppi, non mostrano rispetto.

Non banalizziamo: ovviamente ci sono pure i ciclisti maleducati, ma almeno è difficile provochino danni a terzi motorizzati. Fra i motociclisti e gli automobilisti, invece, ci sono anche tanti signori, specie germanici e scandinavi, avvezzi a casa loro a usare la bici per la mobilità quotidiana o nel tempo libero. C’è sensibilità, insomma. Rallentano, attendono. Cioè, comprendono il ciclista in salita. Ma tanti altri, nonostante la carreggiata estremamente ristretta del versante italiano, i tornanti e i 18 tunnel tortuosi e poco illuminati, pigiano sul pedale, o aprono la manopola del gas. A poco serve la pesante pubblicità progresso di quest’anno, a inizio strada: avvenente motociclista in tacchi a spillo, casco in mano, ma come gamba sinistra ha una protesi artificiale... Serve a poco anche il cartello: ragazzi, qui siamo nel parco naturale di Tessa!

Dall’ampio parcheggio del Sandwirt, patriottica osteria e casa natale dell’eroe tirolese Andreas Hofer, sono poco più di trenta chilometri di salita. Duretti, quasi 1.900 metri di dislivello, pendenze spesso e volentieri sopra il 10%. Una salita paragonabile come impegno allo Stelvio. Quota minore, ma tracciato più scorbutico.

Le auto sciamano, in tanti si fermano alle cinque stazioni informativo-museali, queste sì, un capolavoro architettonico e concettuale incentrato sulla storia del passo, la natura, i contrabbandieri. Bello. Pagato coi denari dei pedaggi. Buona idea. Ma il tutto - rispetto parlando per chi ha ideato e chi gestisce - dà l’impressione di non servire un granché a sensibilizzare. Anzi: ho pagato, tanto? Be’ allora sgaso, tanto. I ciclisti? Se ne stiano a casa. Oppure, a ben vedere, potrebbe essere ancora peggio. Perché schivare di due centimetri un ciclista ondeggiante in salita, con una Ducati 1098 lanciata fra i tornanti a oltre cento all’ora, vuol dire proprio non rendersi conto. Non occorre neanche prenderlo dentro, il ciclista. È sufficiente lo spostamento d’aria. O il solo rombo. Lo spavento. E il ciclista vola di sotto. Sarebbe commovente, quassù, vedere la Polstrada o l’Arma. Spiace, non le abbiamo viste.

Intanto, prosegue la nostra campagna per salvare i passi. Compilate il tagliando e speditelo o portatelo al giornale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità