Pandemia

Patrick Franzoni: «Dobbiamo tenere duro fino a marzo: necessari gli screening a tappeto» 

Parla il viceresponsabile medico del team Covid-19 della Asl: «Molti no-vax tra i sanitari ora si sono pentiti e chiedono di vaccinarsi» 


Francesca Gonzato


BOLZANO. Dove c’è uno screening, c’è Patrick Franzoni, il viceresponsabile medico del team Covid-19 della Asl. «Sempre di più giocheremo la partita della caccia al virus con tutti gli strumenti possibili, Pcr, antigenici, cani molecolari, tamponi chewing gum per i più piccoli. Con i responsabili dei diversi settori monitoriamo la situazione tutti i giorni e decidiamo dove intervenire, che siano comuni o scuole. Poi arrivo io, il “braccio armato”», racconta Franzoni, «L’organizzazione è rodata, tra Asl, sindaci, vigili del fuoco volontari, Croce bianca e Croce rossa». Da oggi l’Alto Adige esce dalla zona rossa per diventare arancione, come deciso dal ministro della Salute Roberto Speranza. Dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) è arrivato il colpo a sorpresa del «rosso scuro». Anche ieri un pesante bollettino Covid: sette vittime e 640 test positivi, tra Pcr e antigenici. Abbiamo chiesto a Franzoni un bilancio.

A che punto è la pandemia in Alto Adige?

Come in tutta Europa, si assiste a una certa stabilità dei nuovi contagi. Come focus ora cerchiamo di prevenire l’insorgenza delle varianti del virus purtroppo già registrate in Italia, Tirolo e Germania. Temiamo la variante inglese, associata a una maggiore contagiosità del 60-70 per cento. Non potendoci illudere di uno stop alla frontiera, sono più importanti che mai le misure di prevenzione. Condivido la decisione del presidente Kompatscher di raccomandare, non imporre, l’uso della mascherina Ffp2 nei luoghi più a rischio. Vedo così la nostra giornata: esco di casa con la mascherina chirurgica, indosso la Ffp2 quando salgo sul treno o sull’autobus, indosso di nuovo la chirurgica nelle situazioni meno esposte. A fine giornata getto la chirurgica. Se ho usato la Ffp2 solo per due o tre ore, posso utilizzarla anche il giorno successivo.

Avete risposte dall’istituto Spallanzani di Roma sui campioni che avete inviato per individuare eventuali varianti?

Ancora no, purtroppo. Stanno sequenziando campioni di tutta Italia, un lavoro enorme. Quindi, massima attenzione nei comportamenti.

Lei prospetta una stabilità dei contagi. Non è appunto un problema che l’Alto Adige continui ad avere 500-600 nuovi positivi al giorno?

Il punto è sempre questo: risultano molti positivi, perché testiamo a tamburo battente. Tra Pcr e antigenici effettuiamo oltre 7 mila test al giorno. In base alla popolazione, la Lombardia dovrebbe effettuare 60 mila tamponi al giorno (ieri erano 39.462, ndr). Se fosse possibile fare dell’ironia su una situazione così grave, direi che di “rosso scuro” abbiamo solo il Lagrein.

La nostra strategia è di andare a scovare il virus, battendo tutte le strade possibili: gli screening di massa e nelle scuole, la grande quantità di tamponi cui si sottopongono volontariamente i cittadini, i test ordinati dai medici di famiglia di fronte ai sintomi, i test negli ospedali e nelle case di riposo, il monitoraggio statistico curato da Markus Falk. Insisto: sono convinto che i nostri dati siano i più fedeli d’Italia sulla reale diffusione del virus. Senza andare troppo lontano, le terapie intensive del Trentino sono maggiormente sotto sforzo rispetto alle nostre ed è questo il dato che deve fare alzare le antenne. Lo dico da medico d’urgenza. Tutto ciò che facciamo serve per tenere sotto controllo il sistema sanitario.

Oltre 200 casi positivi nelle scuole tedesche in una settimana. Non siete preoccupati?

Siamo attenti, perché dalla scuola la catena di contagio può passare alle classi di età superiore, con aumento dei rischi. Il sistema di screening e isolamento dei bambini sta funzionando bene.

Asl e Provincia hanno un atteggiamento da fortino assediato di fronte ai dati della cabina di regia nazionale e, da ultimo, alla classificazione europea. Dato per assodato il grande lavoro di monitoraggio, non sono troppi 600 casi al giorno? Perché non diminuiscono?

L’inverno purtroppo è un grande amico del Coronavirus. Le temperature non ci stanno aiutando. Nonostante le chiusure o i lockdown, restano numerose occasioni di incontro tra le persone. Anche fumare una sigaretta con il collega può provocare il contagio. È molto facile ricevere il Coronavirus.

Le terapie intensive in Alto Adige si sono attestate su circa 30 pazienti, al limite della soglia di allerta del 30%. Come valuta questo dato della seconda ondata?

Ai primi di novembre è iniziato l’incremento giornaliero dei posti letto nei reparti e nelle terapie intensive e il sistema ha iniziato a dare segni di sofferenza. Abbiamo organizzato il primo screening di massa per ridurre la catena del contagio e prima di Natale in effetti i numeri si erano ridotti in modo significativo. In questo periodo sono stabili, nonostante il numero dei contagi.

Chi sono i pazienti nelle terapie intensive?

Rispetto alla prima fase, abbiamo qualche giovane e qualche sessantenne in più. Ecco perché dobbiamo tenere bene sotto controllo i contagi nelle scuole, per evitare le ripercussioni nelle famiglie. Un cinquantenne obeso, iperteso o colpito da un diabete di tipo 2 può essere a rischio quando entra in contatto con il Covid-19.

La luce in fondo al tunnel?

Dobbiamo tenere duro almeno fino a marzo con gli screening e il monitoraggio delle varianti. Con la primavera le temperature più alte ci aiuteranno. E poi naturalmente inizieremo ad avere molte persone vaccinate. Questa è la vera luce in fondo al tunnel. Controllo tutti i giorni la situazione di Israele: hanno già vaccinato circa il 30 per cento della popolazione e la curva dei contagi scende molto bene.

Dopo un anno di pandemia medici e infermieri sono stremati. Reggono ancora?

Dico di sì, perché vediamo quella luce là in fondo.

La percentuale bassa di medici e infermieri non vaccinati in Alto Adige è un caso nazionale. Come viceresponsabile medico del Team Covid-19 cosa pensa di questo record deplorevole?

La situazione sta migliorando. Resta un nucleo duro soprattutto tra gli infermieri nelle valli, ma molti non vaccinati si sono pentiti e aspettano un nuovo turno. In queste ore siamo impegnati nelle seconde vaccinazioni della catena dei soccorsi:Pelikan, Aiut Alpin, Croce bianca e Croce rossa. Per quanto mi riguarda, ho ricevuto la seconda dose e affronto la giornata di lavoro con molta più serenità. Domani sarò in servizio sull’elicottero. Rispetto tutte le precauzioni, ma è iniziata una fase nuova. Ho avuto molta paura della malattia.

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