Pd, la carica dei trentenni Civati: serve aria fresca

Il deputato che sfida Renzi invitato a Bolzano dagli «Under 40» del partito Accolto da Tommasini e Frena: «Più coraggio su diritti civili e Imu»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Un Pd di nuova generazione, che non butti via il buono che c’è stato. Che riesca a pensare più in là di domani o dopodomani, che abbia più coraggio. «Per dire, sui diritti civili Papa Bergoglio è più avanti di noi». Pippo Civati sarà uno degli sfidanti alle primarie per la scelta del segretario Pd. Deputato, gestisce un seguito blog politico. Ieri è arrivato a Bolzano per un incontro con i candidati delle provinciali e i militanti del Pd. Voce critica nel partito, soprattutto sul governo delle larghe intese, attira spettatori di pari indole. Una sessantina di persone ha dialogato con il futuro sfidante di Matteo Renzi (insieme organizzarono insieme la prima Leopolda), Gianni Cuperlo e Gianni Pittella. È arrivata l’elettrice storica, ereditata dal Pci, che avverte «l’ultima volta non ho votato Pd», il giovane che chiede «perché non si sono fatte le primarie per la lista delle provinciali? I giovani sono finiti in fondo», la signora che lamenta «una volta nel partito si discuteva», l’insegnante che lancia l’ultimatum «seguendo il suo blog ho ritrovato la fiducia, ma...». Gli chiedono di lavoro, ambiente, pensioni («quando risolverete il problema degli esodati?») . A Civati chiedono dei 101 traditori che hanno affossato Prodi. «Li sto cercando, qualche idea me la sono fatta», risponde, «Una cosa è certa: con me non staranno. Finora hanno vinto loro. Al congresso li batteremo: parlando in modo chiaro, con i voti non con le strategie». Civati è stato presentato dal «civatiano» Thomas Demetz, candidato alle provinciali e dal segretario Antonio Frena: «Il nostro slogan per le elezioni è “l’Alto Adige a modo nostro”. Per Civati si potrebbe dire “il Pd a modo suo” e le sue idee trovano molti riscontri». In sala anche il capolista Christian Tommasini e Alessandro Huber degli U40, i giovani che hanno chiesto di entrare in forze nella lista: «Ci siamo chiamati così perché fino a 40 anni non trovi un lavoro stabile, a 55 anni ti danno un calcio. In una vita, quindici ani di gloria... Chiediamo più voce».

Sulla autonomia Civati ricorda, da brianzolo, che «il fallimento del federalismo leghista apre margini interessanti e il Pd ha gli strumenti per portare avanti questo tema. Non ho sopportato la sottocultura del provincialismo, ma neppure dobbiamo accettare il grave neocentralismo che si sta sviluppando a Roma». L’Alto Adige, ricorda, viene citato spesso come modello ambientale ed edilizio. «Perché non possono partire da qui delle proposte da lanciare per tutto il partito? La rete serve anche a questo». Immagina il Pd come un partito che «non fa solo le primarie sui nomi e discute delle mie stramberie o di come è vestito Renzi. Dobbiamo parlare e su temi decisivi chiamare in causa voi». L’acquisto degli F35 ad esempio, su cui nel Pd c’è un mal di pancia crescente. «Divento matto, devono dirci se li stanno acquistando o no». Civati è stato protagonista di un memorabile duello televisivo con Michaela Biancofiore (Pdl-Fi). Del suo siluramento dal governo racconta che «ne so poco e mi sembra un giallo poco appassionante».

Presenta la sua idea di partito «ospitale e più coraggioso sulle idee», dai diritti civili all’Imu, «ci siamo fatti impiccare al programma di Berlusconi». Gli chiedono: e dopo Berlusconi? «Alfano? Anche no». E le prossime alleanze? «Intanto produciamo questa legge elettorale, così poi si potrà andare a votare. Finora lo diceva anche Renzi, sembra che abbia cambiato idea. Peccato. Alleanze? Intanto il Pd faccia il partito democratico e recuperi il rapporto con Sel, che ci siamo bruciati nello stesso giorno insieme a Prodi». Cita Langer, come Vendola ha fatto domenica: «La sinistra si è dimenticata di molti padri e madri. Sono con Renzi, quando dice che il Pd si deve mettere in gioco fino in fondo. Eravamo partiti insieme, poi io ho scelto di lavorare più nel partito, mentre Matteo punta più sul profilo del leader».

E l’immigrazione? «La Bossi Fini è ingiusta e incostituzionale. E poi, a cosa serve questo approccio così ristretto? Ai miei leghisti lombardi lo dicevo già anni fa. Non dobbiamo avere paura dell’indiano che viene a fare lavori umili. Il nostro pericolo è rappresentato dalle università indiane che sfornano ingegneri più bravi dei nostri». Non glielo chiedono, ma lo dice lo stesso. La differenza tra sinistra e destra: «La destra è quel posto comodissimo in cui non vuoi cambiare nulla: i ricchi vogliono restare ricchi, i giovani devono essere bravissimi per sfondare. E di quelli solo abbastanza bravi cosa facciamo?».

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