Pensionati in piazza: non toccate i nostri soldi 

Manifestazione davanti a Palazzo Ducale: «Questi sono peggio di Monti»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Una pensione da 1.500 euro al mese, dunque tutto meno che “d'oro”, lascia al fisco più di 4mila euro l'anno. È il 20,75%. Questo in Italia. In Germania, per dire, ne lascia “32”. Si intende 32 euro di numero. Che è lo 0,2%. In Francia il 5%, in Spagna il 9,5%. Dunque la "banda bassotti" non sono i pensionati. «Eppure questo governo, che dice di voler far pagare di più solo chi incassa assegni da 100mila euro, in realtà mette le mani nelle tasche di chi riesce a mala pena a sopravvivere...», dicono insieme Cgil, Cisl, Uil e Asgb. Che con le loro bandiere, quelle delle sezioni pensionati, si sono ritrovati mai così numerosi ieri davanti ai cancelli del commissariato del governo. Per opporsi a quella che chiamano “questa vessazione continua”.

La quale, secondo Gastone Boz, Klaus Reider, Danilo Tomasini e Stefan Vieider, i quattro segretari, è in linea con le peggio iniziative del governo Monti. «Ma qui si va oltre - dicono - perché adesso si è deciso di intervenire anche sulla rivalutazione annuale degli assegni». Che è quel meccanismo che, seppur molto parzialmente, riesce ad intervenire sul nemico più pericoloso di chi vive con un assegno mensile medio basso: il costo della vita. «In tre anni la manovra economica appena varata sottrae più di 2,5milioni di euro dalle tasche dei pensionati». Che, detto in parole semplici “è un vero e proprio furto ai danni delle pensioni più basse” e che interessa in Alto Adige 50mila persone.

E non è un caso che proprio gli altoatesini, di lingua italiana e tedesca indifferentemente, siano stati i primi a mobilitarsi: «Qui il costo della vita è nettamente superiore rispetto al resto d'Italia - dice Bruno Falcomatà - e dunque questo meccanismo era l'unica, pur flebile barriera contro un'erosione del potere d'acquisto che nella nostra provincia si fa sentire molto più dolorosamente». Al centro c'è pure una considerazione di fondo: la stanchezza di persone che non godono di pensioni d'oro che si vedono quotidianamente descritte come portatori di interessi frutto di privilegi e ruberie, come “ladri di futuro”. In realtà, hanno ribadito ieri «le nostre pensioni sono state ottenute osservando le leggi dello Stato, dopo anni e anni di lavoro, di versamento di contributi e di pagamenti di tasse e imposte». È stata, quella di ieri, forse la prima, strutturata reazione alla manovra. Un modo di rinserrare le fila dopo i silenzi e le attese lunghe parecchi mesi in attesa che si delineasse una linea di condotta governativa che, all'inizio, pareva indirizzarsi solo contro quelli che i gialloverdi definivano “i privilegi”: pensioni d'oro, rendite di posizione, costi vivi della burocrazia, stipendi dei dirigenti statali. Invece, a poco a poco, l'impatto con la realtà ha fatto arrivare i tagli dove neppure i governi della crisi erano riusciti: il blocco delle rivalutazioni delle pensioni basse, tassazioni, aumenti Iva all'orizzonte, accise. E dunque questo “basta fare cassa con le pensioni” è suonato come un primo appello rispetto alle mobilitazioni che le confederazioni hanno in animo di attuate nei primi mesi del 2019. Alla manifestazione oltre ai segretari provinciali di Cgil (Cristina Masera) e Uil (Toni Serafini, “è un cambiamento in peggio”), nutrita la presenza di associazioni per la tutela degli anziani, come l’Auser. In piazza anche il gruppo Zingaretti del Pd altoatesino, con Elio Cirimbelli, Luisa Gnecchi e Uwe Staffler.

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