Pensioni amianto: 140 operai a rischio

I benefici economici sarebbero di 200 euro al mese. Il pm Secco ieri in trasferta nel Lazio per acquisire nuovi documenti


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Sembra allargarsi a macchia d’olio l’inchiesta sulle pensioni maggiorate per gli operai che hanno lavorato per anni a contatto con l’amianto. Ieri il pm Igor Secco è stato a Latina e Velletri per acquisire nuovi documenti in due studi legali. In base ai primi controlli incrociati effettuati dalla Procura di Bolzano - dopo la denuncia presentata dall’ufficio legale dell’Inps - risulterebbero almeno 140 dichiarazioni contraffatte (o solo parzialmente veritiere) da parte di lavoratori andati in pensione (o che sarebbero dovuti andare in pensione a breve) con una maggiorazione che si aggirava attorno ai 200 euro al mese.

L’inchiesta – che ha già portato all’iscrizione sul registro degli indagati di tre avvocati e un sindacalista con l’accusa di truffa aggravata e associazione per delinquere – è partita dalla nostra provincia, perché la prima denuncia è stata depositata proprio a Bolzano, ma nel lungo elenco di lavoratori che sta sentendo il pm Igor Secco ci sono anche operai di altre località italiane, da Bassano a Feltre fino a Latina. Si sarebbero rivolti tutti allo stesso pool di avvocati, che come conferma Romolo Radicchi della Cgil alcuni anni fa tenne alcune assemblee con i lavoratori anche a Bolzano. «Questo pool di avvocati di Latina - spiega il sindacalista altoatesino, oggi alla Filt - girava l’Italia, dall’Alto Adige alla Sardegna, con l’obiettivo di convincere i lavoratori esposti per anni all’amianto a presentare ricorso per vedersi riconosciuto un periodo più lungo o per andare in pensione prima. Qualcuno ci è cascato ed ha pagato per farsi fare la pratiche. Io, all’epoca, ho consigliato ad alcuni lavoratori di non pagare o, in alternativa, di sottoscrivere un contratto nel quale si impegnavano a versare una piccola percentuale solo a fronte di un risultato concreto. Gli avvocati coinvolti hanno sempre preferito monetizzare subito cercando di assicurarsi il maggior numero di pratiche possibile».

Allo stato attuale dell’inchiesta, come conferma il pm Igor Secco, non ci sono lavoratori iscritti sul registro degli indagati, ma qualcuno potrebbe anche esssere costretto a restituire maggiorazioni incassate per anni. «Oltre alle 140 dichiarazioni contraffatte - spiega la Procura - stiamo verificando la posizione di centinaia di altri lavoratori che non ci risulta abbiano ancora presentato il ricorso. Dovendoli sentire tutti si tratta di un’inchiesta che avrà tempi necessariamente piuttosto lunghi». Nell’inchiesta sarebbero coinvolti lavoratori di Alcoa e Alumix.

Come spiega il sindacalista Romolo Radicchi all’epoca erano a contatto con l’amianto molti lavoratori della Zona: «Penso a quelli dell’ex Alumix, delle Ferrovie dello Stato, delle Acciaierie o anche dell’ex Delaiti, dove venivano lavorati alluminio e acciaio. Ci sono operai che sono andati in pensione fino a dieci anni prima e altri che hanno ottenuto benefici economici». Il lavoratore, in ogni caso, non poteva mentire. «In questa inchiesta - prosegue Radicchi - mi sento di affermare che gli operai, in ogni caso, sono delle vittime. La loro richiesta, infatti, doveva essere approvata dall’azienda e poi inoltrata agli enti previdenziali competenti. Talvolta capitava che venisse riconosciuto un periodo di esposizione inferiore a quello richiesto e a quel punto c’è chi ha deciso di fare ricorso. Noi ci siamo affidati esclusivamente a legali locali, ma c’è invece chi si è appoggiato, per le istanze, al pool di Latina». Almeno per ora tanto i legali quanto il sindacalista coinvolti avrebbero respinto ogni addebito, ma la Procura di Bolzano ha intenzione di vederci chiaro.

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