Pestaggi in carcere I detenuti confermano

Ieri la deposizione in aula di cinque dei 22 denuncianti, tutti tunisini e marocchini Le testimonianze dietro uno schermo per non vedere in faccia gli agenti inquisiti


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Non è la prima volta che il carcere di Bolzano è al centro di inchieste della Procura per presunti atti di violenza nei confronti dei detenuti. Accadde già con il caso della cosiddetta «cella X» ai tempi del procuratore Cuno Tarfusser. Finì tutto in una bolla di sapone: tutti gli agenti inquisiti (accusati di aver pestato alcuni detenuti all’interno di una cella punitiva) furono assolti, seppur con la formula della prova insufficiente o contraddittoria. Ora la storia sostanzialmente si ripete. Un gruppo di detenuti (quasi tutti tunisini e marocchini in carcere per spaccio di droga) accusa numerosi agenti della polizia penitenziaria di averli picchiati ripetutamente successivamente alla sommossa e rivolta (come gli stessi detenuti l’hanno definitita) che provocò gravi danni al carcere di via Dante il 23 gennaio scorso. A denunciare presunti abusi da parte delle guardie carceraria sono stati 22 detenuti. Sul registro degli indagati sono finiti 11 agenti, otto di Bolzano e tre di Trento. Ieri su richiesta del sostituto procuratore Axel Bisignano si è svolta la prima udienza dell’incidente probatorio voluto per poter chiarire in tempi stretti (dunque prima dell’eventuale dibattimento) molti aspetti di questa inquietante vicenda. C’è subito da dire che tutti gli indagati (difesi dagli avvocati Valenti, Nettis, Stolfi, De Guelmi, Leoni e Pontecorvo) negano con decisione ogni addebito. Le ipotesi di reato contestate sono però gravi in relazione al ruolo svolto dalle guardie carcerarie all’interno di un istituto di pena. Tutti gli indagati (che rischiano ovviamente anche ripercussioni pesanti per la carriera lavorativa) sono chiamati a rispondere di lesioni e abuso d’ufficio. L’individuazione degli undici agenti (accusati dei presunti atti di violenza) è avvenuta sulla base di riconoscimenti avvenuti attraverso fotografie. E sempre attraverso fotografie i detenuti denuncianti hanno documentato gli effetti delle presunte percosse. Agli atti ci sono fotografie di ecchimosi in faccia, di occhi neri, di graffi, di quale colpo inferto in testa. E’ per questo che la Procura (che ha già chiesto l’archiviazione dell’inchiesta avviata per individuare i responsabili della rivolta) ha deciso di andare sino in fondo negli accertamenti. Nell’udienza di ieri, davanti al giudice Walter Pelino, cinque detenuti denuncianti hanno confermato in aula le accuse senza però indicare con certezza i presunti responsabili. Tutti hanno deposto dietro uno schermo senza avere la possibilità di vedere in faccia gli agenti inquisiti (che erano presenti in aula). Un accorgimento disposto dal giudice proprio per salvaguardare la genuinità dell’eventuale prossimo riconoscimento ufficiale dei presunti responsabili con ricognizione «all’americana». Dalle deposizioni sarebbero emerse numerose incongruenze. Nell’elenco degli accusati, ad esempio, è finito anche qualche agente che al momento dei fatti non sarebbe stato neppure in servizio. I detenuti denuncianti sostengono di essere stati picchiati mentre si trovavano in una stanza vicino all’ufficio matricola della prima sezione per la perquisizione che ha preceduto il trasferimento a Trento, resosi necessario a seguito dei gravi danni che la rivolta con incendio aveva provocato nel braccio della seconda sezione del carcere. Qualcuno sarebbe stato picchiato anche all’arrivo nel carcere di Treento.

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