Il servizio

Poste, sindacati preoccupati: «Il recapito rischia di saltare»

Longo (Failp Cisal): «L’orario di partenza posticipato farà implodere la distribuzione. Primo esperimento disastroso a Bressanone, a maggio si parte a Bolzano». Incontri urgenti con Kompatscher e Galateo


Davide Pasquali


BOLZANO. «Salviamo il recapito». Si chiama così il documento redatto dal sindacato dei postali Failp Cisal, in pratica il più rappresentativo a livello provinciale, presentato lunedì al presidente della Provincia e che stamane verrà portato all'attenzione del vicepresidente.

Si contesta il nuovo modello di recapito che Poste italiane sta introducendo in Alto Adige che, a detta del sindacato, metterà in ginocchio la distribuzione della corrispondenza ordinaria e in particolare dei quotidiani e degli altri giornali locali, specie in periferia.

Lunedì, a presentare al presidente Arno Kompatscher il documento sindacale sono stati il già onorevole Albrecht Plangger e il consigliere provinciale Josef Noggler. Oggi a portarlo all'attenzione di Marco Galateo sarà direttamente la segretaria provinciale Failp Cisal, Antonella Longo, la quale sintetizza: «L'azienda ci risponde picche? Ci vediamo costretti a rivolgerci alla politica».

La giunta provinciale, a fine dicembre, si è impegnata con un finanziamento importante: 3,2 milioni di euro l'anno per tre anni, fino al 2026. Il sindacato ora non è stato chiamato alla contrattazione, «ma solo ad un mera informativa, senza spazio per la discussione. Si vuole implementare il quarto tipo di modello organizzativo, detto Arretramenti». Già col modello attuale, sostiene Longo, «siamo in difficoltà».

Ci si era impegnati a consegnare preferibilmente entro le 13, ma si fa fatica. «La nuova convenzione impone le 13, e in caso di non rispetto, su media annua, c'è una penale di 30 mila euro per ogni punto percentuale sotto il 98%».

Il nuovo modello che Poste sta implementando, «purtroppo si sta rivelando fallimentare nelle zone di montagna. Poste però ha una mappatura unica, dal Brennero a Lampedusa, senza tener conto delle peculiarità dei territori».

A Bressanone si è partiti l'8 aprile e le ricadute sarebbero pesanti, tanto che la stessa Provincia avrebbe già iniziato a fare pressioni. «Bressanone non è solo Bressanone: ci sono Sarnes, Pinzago, Eores, Elvas. Siamo in montagna, non in pianura...». Fino a sei-sette anni fa, prosegue, «c'era l'abitudine di chiamare alla contrattazione di secondo livello, dove si limava il modello proposto, ci si veniva un poco incontro. Ci era stato promesso, non lo si è fatto».

L'introduzione del nuovo sistema, a Belluno e Trento, «è fallimentare». Nonostante ciò, il 6 maggio si vorrebbe partire a Laces e soprattutto a Bolzano. Il nocciolo del problema sta nella volontà di posticipare l'inizio del servizio di distribuzione della corrispondenza, il tutto pare per risparmiare sui trasporti.

«I primi camion - va oltre - arrivano da Verona di notte, i secondi più tardi». A Bolzano sarebbe economicamente vantaggioso far salire tutto il recapito su un unico furgone anziché due. «In più, si vorrebbe fare concorrenza ad Amazon nella consegna pacchi, con un servizio nel tardo pomeriggio-inizio serata. Un servizio pregevole, se si aprissero linee dedicate con personale ad hoc».

Invece, si vuole risolvere «posticipando l'inizio turno, usando il medesimo personale, già ora carente».Come postale e come altoatesina, Longo ritiene vergognoso «che prima si sia portata a casa la nuova convenzione, quasi dieci milioni in tre anni per la copertura dei costi del servizio universale, e solo poi si decolli con il nuovo modello. Hanno aspettato la firma, prima di partire». Longo la ritiene «una presa in giro della Provincia».

Su Bressanone il sindacato non ha firmato, e farà lo stesso su Bolzano. Ora però ci si attende un intervento risoluto da parte della politica provinciale tutta. «Anche per tutelare la distribuzione dei giornali, la Provincia investe. Nonostante ciò, con l'attuale modello in diverse zone la distribuzione è andata a terra».

Per sostenere la socialità, inoltre, la Provincia ha chiesto di non chiudere nessun ufficio postale. «Da sei anni non possiamo chiudere neanche quelli improduttivi. Abbiamo razionalizzato, ma chiudere non si può. Chiudono le filiali bancarie, la posta non può. Questo ha avuto come contraltare che gli uffici grossi, specie a Bolzano, sono rimasti con poco personale, il che si traduce in code». Mentre magari nei piccoli uffici il traffico dei clienti è assai limitato.

I problemi maggiori, però, restano nel recapito. Servirebbe più personale, ma soprattutto le cose andavano bene, fino al 2018, quando l'orario del recapito era dalle 7 alle 13. «Raggiungevamo obiettivi certificati del 98-99%». Poi si è posticipato alle 7.30-8 a seconda della distanza dal centro di smistamento. «Ora si vorrebbe addirittura arrivare a partire alle 8.45-9.30. Impossibile garantire il recapito entro le 13. Per quell'ora non arriveremo mai ai masi».

La segnalazione

Ci scrive una lettrice bolzanina: «Faccio da portavoce di un gruppo di persone che si lamentano del servizio postale. Troviamo giacenze di raccomandate sul portone pur essendo in casa. Si trovano le stesse in cassette di altre persone, si trova posta nella maniglia del portone alla mercé di tutti. Il reclamo in posta è un buco nell'acqua, danno il numero dei postini che non rispondono».

Longo commenta: «Si tratta di un problema diverso, ma comunque è indice che già il modello attuale non funziona. Il modello Joint Delivery aveva diviso il recapito in due servizi, per di più con una grave carenza strutturale e di organici in città». Le zone «sono suddivise in due sub-zone, il portalettere un giorno è di qua, l'altro di là. La linea business, la "scopa", dovrebbe poi garantire di portare fuori tutto, compresi gli ultimi pacchi arrivati da Verona, ma non funziona. Non siamo in pianura. C'è il traffico. E Bolzano serve pure Colle, Virgolo, San Genesio, San Michele Appiano, Laives, Carezza. In tanti mi chiedono di premere perché si torni al modello precedente, il titolare di zona».













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