Processo Brancaglion, chiesti dieci mesi 

L’esponente d’estrema destra è accusato dell’aggressione di uno studente di 17 anni. Ma la difesa contesta l’identificazione


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Dieci mesi di reclusione con i benefici di legge per lesioni personali gravi e minacce. Per la Procura della Repubblica non ci sono dubbi sulla responsabilità di Davide Brancaglion per l’aggressione ad uno studente 17 enne di Bolzano la sera del 13 gennaio di due anni fa a due passi dalla sede di CasaPound in via Cesare Battisti. Il ragazzo, che oggi è maggiorenne, sarebbe stato aggredito e preso a calci e pugni perchè sarebbe passato davanti alla sede del movimento politico di estrema destra ascoltando ad alto volume dal proprio telefonino una versione moderna di «Bella Ciao», la canzone simbolo della Resistenza. Il ragazzo si è costituito parte civile con il patrocinio dell’avvocatessa Maria Carmela Carriere. Ha chiesto un risarcimento di 16.500 euro. Per fortuna non ci sono state conseguenze permanenti per il ragazzo che avrebbe comunque rischiato di perdere l’uso di un occhio se la lesione provocata da un pungo in pieno viso fosse andata più in profondità. L’udienza di ieri, che si è svolta a porte chiuse per il rito abbreviato scelto dall’imputato, ha evidenziato che l’indagine sui fatti avvenuti due anni e mezzo fa non è stata semplici, al punto che la difesa (con gli avvocati Federico Fava e Miki Eritale) ritiene che non abbia assolutamente permesso di arrivare ad una identificazione certa dell’autore dell’aggressione. In effetti i legali hanno chiesto l’assoluzione di Davide Brancaglion con una serie di contestazioni che hanno messo in forte dubbio l’attendibilità del ragazzo ferito sull’indicazione del suo aggressore, individuato solo due giorni dopo i fatti grazie ad una ricognizione fotografica su facebook. Che la situazione non sia molto chiara e abbia bisogno di un approfondimento è dimostrato anche dal fatto che il giudice Carlo Busato ha preferito rinviare la sentenza a mezzogiorno di domani, prendendosi così il tempo per verificare a fondo tutti i punti controversi. Che lo studente bolzanino sia stato preso a calci e pugni e sia stato colpito e ferito non è ovviamente in discussione. Il problema è relativo all’identificazione del suo aggressore. Ieri in aula sia la pubblica accusa che la parte civile hanno stigmatizzato il comportamento di diversi aderenti a CasaPound. Il pubblico ministero ha parlato di «cortina omertosa», l’avvocatessa Carriere di «associazione di stampo mafioso». I militanti che la notte dei fatti erano sul luogo dell’aggressione, hanno ammesso di aver notato lo studente malconcio. Agli atti del processo ci sono diverse testimonianze (anche in contraddizione tra loro) ma dalle carte non emerge “nemmeno un’occhiata di sfuggita all’aggressore». Tutti tacciono. L’unica cosa certa su Brancaglion è che quella sera si trovava in sede ove era stata programmata una riunione di carattere culturale. Ma altre certezze, hanno sottolineato gli avvocati difensori, non ce ne sarebbero. Non solo. L’avvocato Federico Fava ha a lungo sottolineato come difficilmente il ragazzo malmenato possa essere considerato credibile dato che avrebbe mentito, nella ricostruzione dei fatti, ben sette volte (tra cui anche sul suo disinteresse politico). E nelle prime indicazioni sul presunto aggressore, lo studente - ha sottolineato la difesa - avrebbe indicato al momento della querela una persona con pochi capelli (stempiato, quasi pelato), robusta, con la barba folta. Caratteristiche somatiche che, secondo la difesa, non corrisponderebbero a Brancaglion, il quale venne riconosciuto e indicato dalla vittima solo cinque giorni dopo i fatti sulla base di una fotografia su facebook non attuale, tra il resto in un contesto fotografico ove molti aderenti a CasaPound si presentavano fedeli ad un look “alternativo” comune.













Altre notizie

Attualità