Prostitute, soldi e regali: la corruzione all'Ipes

Nelle contestazioni della Procura agli indagati una lista dettagliata delle fatture gonfiate


Susanna Petrone


BOLZANO. Prostitute, regali di compleanno e di Natale, riparazioni, la spesa, cene di lusso e soldi in contanti: le 19 persone indagate e coinvolte nel terremoto che ha scosso l'Ipes a causa di presunte tangenti, dovranno chiarire le rispettive posizioni entro venti giorni. Otto i dipendenti Ipes coinvolti. Gli avvocati difensori hanno venti giorni di tempo per decidere le rispettive linee difensive. Il sostituto procuratore Axel Bisignano, infatti, ha depositato l'avviso di conclusione indagine e quindi provvederà alla richiesta di rinvio a giudizio.

Il lavoro dei carabinieri del nucleo investigativo di Bolzano e dei militari del Ros, però, è molto dettagliato: intercettazioni telefoniche ed ambientali, centinaia di fatture controllate e che dimostrerebbero il giro di tangenti tra gli otto dipendenti Ipes e gli undici imprenditori travolti dallo scandalo. Si dovranno presentare davanti al giudice i seguenti dipendenti Ipes: Stefano Grando, Peter Kritzinger, Paolo Nascimbeni, Peter Gummerer, Valter Boldrin, Roberto Rebecchi, Tiziana Andreotti e Hugo Sanin. Dall'indagine sarebbe emerso - secondo la documentazione raccolta dalle forze dell'ordine - che uno dei dipendenti avrebbe accettato costantemente (tra i 100 ed i 600 euro) denaro in contanti tra giugno 2008 e maggio 2010. In un'occasione l'uomo - che avrebbe poi liquidato delle fatture sovrastimate di un imprenditore a danno dell'istituto - avrebbe accettato di avere un incontro con una prostituta.

La prestazione sessuale - costo 300 euro - così come alcune ricariche del telefono, sarebbero poi state pagate dall'imprenditore. Ma non sarebbe stato l'unico funzionario Ipes a fare una cosa simile. Numerose le fatture controllate dagli esperti delle forze dell'ordine (tra cui anche i militari della Guardia di finanza), che sono state messe a setaccio per provare il giro di «favori» tra i dipendenti Ipes e i «soliti» imprenditori.

A fine indagine sono finiti sul registro degli indagati, dunque, undici imprenditori: Mirco Moser, 50 anni, artigiano, titolare della «R.M.», Paola Giacosa, 36 anni, convivente e socia di Moser, Nicola Alberto, 44 anni, imprenditore edile, Raimund Tomasi, 61 anni, imprenditore edile, Pietro Bonadio, 51 anni, geometra, Alessandro Zerbini, 49 anni, titolare della «Pitture Zerbini», Giovanna Pasolli, 39 anni, titolare del punto vendita «Brick system», Arcadio Stimpfl, 52 anni, titolare della «Top Green Sas», Vincenzo Romeo, 44 anni, artigiano, Antonio Pronesti, 64 anni, artigiano pittore e Giuseppe Corea, 56 anni, imprenditore edile. Grazie alla legge 231 del 2001 la Procura ha potuto iscrivere sul registro degli indagati anche tre società. Si tratta della «Top Green», la «Pitture Zerbini» e «Wurza». Le società rischiano confische se le forze dell'ordine dimostreranno che i rispettivi titolari hanno agito a proprio vantaggio.

Secondo la Procura le posizioni più delicate sono quelle dei due funzionari Ipes Stefano Grando e Peter Kritzinger, che avrebbero ricevuto il maggior numero di «favori». Entrambi furono anche arrestati. Le accuse vanno da usura per alcuni degli indagati a corruzione e concussione per quasi tutti i 19 nomi finiti sul registro degli indagati. L'inchiesta era partita, infatti, a causa di una denuncia presentata ai carabinieri. La vittima denunciava di essere vittima di usura. Poi venne scoperto il giro con l'Ipes.

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