Rifugi in crisi: pochi turisti e quasi nessuno ci passa la notte 

Le strutture Cai. Stranieri ancora scarsi, gli italiani non si muovono Gli escursionisti locali non mancano ma è solo un mordi e fuggi Pernottamenti quasi inesistenti. Se la cavano solo le strutture vicine alla strada o agli impianti di risalita e i rifugi a gestione famigliare


Davide Pasquali


Bolzano. Se qualcuno riteneva che quest’anno, dopo il virus e il lockdown, il problema fosse solo poter riaprire rispettando le norme di sicurezza, si sbagliava di grosso. Perché i rifugi altoatesini sono in grossissime difficoltà, come quelli dell’intero arco alpino. Pochi turisti, escursionisti locali al massimo mordi e fuggi, il tempo - che già nelle ultime estati non era il massimo - quest’anno è peggio del solito e certo non aiuta. Le difficoltà maggiori riguardano i pernottamenti in rifugio, che valgono almeno triplo quando funzionano: pre-cena cena e dopocena, dormire, colazione. Tanto che al Cai Bolzano questa settimana sono fioccate le richieste di ritocco al ribasso delle tutt’altro che esose quote stagionali pagate per l’affitto delle strutture in quota da parte dei gestori. E allora, visti i prospettati scarsi introiti, al Cai ora come ora si è fermi coi lavori non urgenti: si attende la fine della stagione per tirare le somme. Ma si teme.

È il quadro, tutt’altro che rassicurante, fornito da Sergio Massenz, l’uomo di riferimento sui rifugi della sezione di Bolzano del Club Alpino Italiano. Al Cai di lui dicono semplicemente questo: «Parlando di Sergio si dovrebbe mettere in grande risalto l’importanza che ha per la sezione di Bolzano il grande lavoro che sta facendo. Senza di lui veramente saremmo in grande difficoltà con i lavori nei nostri rifugi. È una persona estremamente competente e attenta. Eccezionale l’attenzione e la meticolosità che mette nel suo lavoro, che svolge con grande cuore e dedizione». Lo fa sempre, e quest’anno ancora di più. Un impegno gravoso - anche per adeguarsi alle norme anti contagio - che purtroppo al momento non sta ripagando un granché.

«Per i gestori», chiarisce senza mezzi termini Massenz, «questo è un periodo di gran difficoltà. Un momento particolare, perché si sommano più fattori. Ovviamente, come per tutti, c’è da fare i conti con questa magagna del Coronavirus. Ne hanno sofferto tutti, ma in quota è ancora peggio. Prima i confini erano chiusi e il turismo è venuto a mancare, poi li hanno riaperti ma gente in giro ce n’è poca». E gli italiani? «Non si muovono facilmente».

È così, accade in tutta Italia. I bolzanini, da sempre grandi viaggiatori, in questi ultimi giorni confermano anche al nostro giornale: poca gente in spiaggia a Jesolo anche se il mare quest’anno è da favola; alla torre di Pisa o nella piazza del palio di Siena si è completamente soli; in Sardegna metà alberghi chiusi; a Pompei il deserto. Accade lo stesso in Dolomiti. Tornati i motociclisti, ma non si tratta di escursionisti che salgono in quota a consumare, almeno che non ci sia una seggiovia che li scodelli davanti al rifugio.

Massenz poi rincara la dose: «Un altro vero problema è che la stagione finora non è stata favorevole. Da diverse estati ormai il meteo non è più lo stesso di un tempo. Quest’anno è anche peggio degli ultimi anni. Si vede il meteo incerto e così non si parte o si parte con l’ansia che se non torni presto te la becchi sulla schiena: temporali quasi tutti i giorni. Poi le temperature in quota sono basse, non invogliano».

Insomma, per sintetizzare: niente stranieri o quasi tranne qualche inossidabile germanico, italiani se ne vedono pochetti anzichenò, ci sono i locali ma non a frotte. «E comunque è quasi sempre una toccata e fuga».

Massenz, in qualità di responsabile dei rifugi del Cai Bolzano, gira, vede. E i rifugisti confermano. «La gente arriva su, consuma qualcosa in fretta e scappa via. Almeno in certi rifugi il passaggio c’è, di giorno non ci si lamenta, ma tanti rifugisti sono messi malissimo per quanto riguarda i pernottamenti». Quasi a zero.

Massenz fa qualche esempio: «Al Corno del Renon o al Rifugio Chiusa, di giorno se la cavano benino, ma poi al pomeriggio scappano via tutti. Niente pernottamenti». Peggio ancora va in altri rifugi in quota, più difficili da raggiungere. «Il Bolzano al monte Pez, in cima allo Sciliar, o il Puez in Gardena soffrono da matti. Si trovano in quota, non è possibile raggiungerli coi mezzi». Se il meteo non aiuta, semplicemente non ci si va. «E ormai siamo a luglio inoltrato». E si sa che a metà agosto il tempo cambia, in quota inizia l’autunno, spesso e volentieri arrivano le prime nevicate. Massenz negli scorsi giorni è stato su, al Puez, a montare il fotovoltaico. Il gestore continua a telefonargli: «Oggi solo 7 persone».

La vita, in alta montagna, è già di per sé difficile. «L’affitto di queste strutture, per questo motivo, è contenuto, ma se non c’è movimento diventa un problema pagare anche un affitto basso». La difficoltà maggiore è l’assenza di pernottamenti. «È con questo che il gestore incassa, con la mezza pensione: cena, dormire, colazione». E poi si sa, al rifugio si arriva presto, magari pure si pranza, ci si fa un paio di birrette prima di cena, la grappetta dopo cena. Ma in pochi, anzi quasi nessuno, pare voglia rinchiudersi negli angusti rifugi, dove lo spazio è ancora minore che in fondovalle.

Sulle strade, gente comincia ad essercene, almeno al finesettimana. Raduni di Ferrari, di Porsche, grupponi di motociclisti. «Ma è gente che non sale in quota». E allora, scatta pure la questione personale: «Se lo hai preso, ma non c’è giro, spendi più di quello che incassi. Se non l’hai preso, di giorno, con l’afflusso, sei con l’acqua alla gola». In media, quest’anno i rifugi, almeno quelli del Cai Bolzano, hanno ingaggiato la metà dei dipendenti rispetto al solito.

«Gli unici a cavarsela, in questi frangenti, sono i rifugi a gestione familiare». Meno spese, ci si rientra. E di giorno non va male a chi sta a un’ora e mezzo dalla strada, tipo il Chiusa, o è appiccicato agli impianti, come il Kostner al Vallon. Gli altri sono in sofferenza.

«Avremmo tanti lavori da fare, ma finché non c’è movimento, i rifugi vanno male e non si incassano le quote... Faremo un incontro a fine stagione, per capire come poterci muovere».

E si pensi: da noi sulle Alpi Orientali va ancora abbastanza. «Sulle Occidentali, dove gli avvicinamenti sono molto più lunghi, semplicemente non si sale».

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