Romano Artioli, Bugatti e quel rombo blu che scorre nelle vene 

Il libro. Dal Garage 1000 Miglia alla Bugatti, la storia di un imprenditore che ha osato sognare


Paolo campostrini


Bolzano. Per capire qualcosa di più su romano artioli si potrebbe iniziare dal 1968. non aveva ancora fatto nascere la più grande concessionaria ferrari d'europa, era ancora lontano il sogno divenuto realtà di far rinascere il mito bugatti e poi di prendersi la lotus. in quel tempo, quarant'anni fa, l'autostrada stava arrivando a bolzano. nel senso che stava per concludersi il suo tracciato da sud e da nord e si pensava di farla passare da merano. «come, non da bolzano?», sbottò romano. era presidente dell'aci, allora, e la stava rivoltando come un calzino. iniziò la battaglia. come al solito contro tutto e tutti. ma con i fratelli giancarlo e roberto come sempre al suo fianco. perché bolzano? «dovevamo restare centrali. se no, saremo diventati ancora più periferia. l'autostrada deve passare di qui, mi sono detto...». certo, non era l'ideale il viadotto. ma aggiunge: «quando la società a22 avesse avuto i mezzi per spostare l'attraversamento in galleria, tutti lo avremmo apprezzato. ma allora era inutile gingillarsi». ecco, invece uno che non si “gingilla”. anche adesso che ha 86 anni vive come a 20. promette ancora di spaccare il mondo: «sto preparando una bomba. ci siamo messi nella ricerca nel settore dei carburanti puliti, l'alternativa all'auto elettrica. perché mi sono chiesto: ma dove smaltiremo tutte queste batterie se l'elettrico va in mano a milioni di persone. o a miliardi di cinesi? dove di produrrà tutta quella energia? ecco, stiamo trovando una nuova vita per i vecchi pistoni. che non inquineranno più...».

Attenti: ce la può fare. la ragione è che la sua vita è stata tutta così, subito dal sogno alla realtà. ha aperto il garage 1000 miglia tra le macerie di bolzano in via renon, ha importato milioni di suzuki creando un boom commerciale, ha distribuito ferrari in tutta la germania, resuscitato la bugatti, costruito la “fabbrica blu” a campogalliano, vetro e luce per costruirle, comprato la lotus.

Poi ha avuto contro i poteri forti. ma quelli veri. che non potevano sopportare che un “piccolo” facesse cose da grandi.

Avvocati, spie in fabbrica, segreti industriali trafugati. la vita che diventa giallo. e che diventa un libro adesso: «bugatti & lotus thriller» , sottotitolo : la costruzione di un sogno ( cairo editore, 221 pagine, prefazione di vittorio feltri) e che sarà presentato a bolzano domani, lunedì 14 ottobre alle ore 19 All'academy della cassa di risparmio (sala 1, via cassa di risparmio 16). interverranno il nostro editore michl ebner, e il nostro direttore alberto faustini.

Artioli, chi è che ha fatto fallire la sua Bugatti?

Se lo dico mi arrestano.

Indizi?

Io nel libro lo chiamo l'Hidalgo. Parola spagnola. Ma è una traccia. Come un cruciverba. Chi vuole cimentarsi nel rebus lo faccia. Ma, al di là del singolo colpevole, ho avuto contro i grandi. Quelli della grande finanza del nord.

Fiat, Ferrari?

Ma no. Anzi, Marchionne era un signore, un genio. E pure Ferrari. Si tratta di banche, avvocati, spie dentro la mia fabbrica. È stata una guerra. Quando non avrò più nulla da temere faccio il nome.

Ma l'avventura non è stata solo la Bugatti, no?

L'avventura è stata l'auto. Io sono mantovano, arrivato a Bolzano dopo la guerra. Sono nato nella terra di Tazio Nuvolari. Porsche ha detto di lui: “È stato il più grande”. Quando le sue auto non frenavano più, lo faceva con i piedi.

Ha corso anche lei, vero?

Sì, la Bolzano-Mendola. E anche altre salite in moto.

Il primo garage?

In via Cappuccini. Poi abbiamo visto un'area tutta distrutta proprio davanti alla stazione. C'erano appena stati i bombardamenti. Ma quando l'ho visto ho pensato: è questa.

Il 1000 Miglia. Da allora Bolzano non è stata più la stessa...

Ha cambiato tante cose quel posto. Mi sembrava un paradiso. Le strade iniziavano a riempirsi di auto, finalmente la gente poteva muoversi, andare ovunque. Lì c'è stata la prima concessionaria. E poi abbiamo iniziato il commercio delle Suzuki.

Dicono che con il "suzukino", la prima jeep popolare, abbiate fatto i soldi...

È stato un successo, lo ammetto. Certo, senza una base non si può sognare. E io non ho mai smesso.

E la Ferrari?

Allora per comprarne una bisognava aspettare anni. C'erano i Malagò, sì quello ora sta al Coni, che avevano le concessioni. Poi una volta sono andato da Ferrari. Aveva uno stock di 25 macchine in fabbrica. Io avevo in mente di iniziare a distribuirle da solo e allora gli ho staccato un assegno per tutte quante. Mi ha detto: non ho mai visto un assegno così grosso... Bene, era fatta. Potevo riferirmi solo a Maranello, niente intermediari. E così è partita la concessionaria Ferrari.

Ma qui ci sono tanti tedeschi che passano su e giù, siamo una terra di transito...

Come no? Ci siamo allargati. Ho chiesto il sud della Germania, Monaco e il resto. . L'abbiamo avuto. Tutto a Bolzano, si immagina?.

Perché ha pensato alla Bugatti?

Era “il” mito. Ferrari ha ammesso di essersi ispirato a lui, a Ettore e a Jean all'inizio. Poi la fine. Ma c'era uno straordinario mercato dei modelli storici dagli anni '20 in su. Una clientela straordinaria, di altissimo livello. Per riproporla bisognava salire a quelle altezze, niente compromessi. Doveva essere di nuovo una macchina straordinaria...

Dicono che abbia agito come uno 007 col governo francese per avere il marchio...

È stata un'impresa. Ma l'avevamo. Era nostro. Abbiamo speso l'iradiddio per il progetto, i tecnici, gli ingegneri. Ma adesso l'EB 110 gt è la più bella macchina del mondo. E l'ho fatta io. C'è voluto l'aiuto di tutta la mia famiglia, soprattutto di Renata, mia moglie. Ma poi da lì è nata anche l'idea di acquisire la Lotus.

E anche l'inizio della guerra contro di lei?

È stato un attacco concentrico. Ma soprattutto dall'Italia.

Gelosie?

Molti ritenevano insopportabile che un tizio arrivato da Bolzano, dalla periferia, avesse messo in pedi tutto questo. Perché con la Bugatti arrivava il mondo da noi"

A Campogalliano?

Sì lì si era costruito un sogno di fabbrica per un sogno di auto. La "fabbrica blu", dove era bello lavorare. Dove i dipendenti erano collaboratori e primi attori. Adesso la Bugatti è della Wv, bene così. Sono solidi.

E lei?

Non sto fermo un minuto. Stiamo collaborando con l'università di Modena per questa ricerca sui carburanti puliti. Sarà una rivoluzione. Occhio che ce la faccio anche stavolta. Perché quando ci sono di mezzo le macchine...

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Altre notizie

Tennis

Sinner torna in campo, nel Principato primo allenamento verso il Roland Garros

Dopo le cure all’anca al J Medical, Il campione di Sesto ha ripreso in mano la racchetta a Montecarlo sotto la supervisione coach Vagnozzi e Cahill. Ma non ha sciolto le riserve sulla sua partecipazione a Parigi (foto Instagram Sinner)

LA SPERANZA Il post di Cahill che fa sperare i tifosi
IL CAMPIONE "A Parigi solo se sarò al 100%"
DOLORE Per il problema all'anca Sinner si affida al centro della Juve
GOSSIP Nuova fiamma per Jannik? Il gossip su Anna Kalinskaya

Attualità