A lungo direttore dell’Ufficio imposte, padre dei campioni di sci Roberta e Stefano: stroncato da due ictus

Se n'è andato Mario Pergher: il ricordo di Scaggiante



 Giovedì pomeriggio, vittima di due ictus, è morto Mario Pergher. Un personaggio tra i più noti, del gruppo linguistico italiano: a lungo direttore dell'Ufficio imposte, era noto anche per i successi sportivi dei suoi figli Roberta e Stefano. Lo ricorda Luigi Scaggiante in questa toccante testimonianza. di Luigi Scaggiante Caro Mario, alla fine, a conti fatti, avevi ragione tu. Il grande male ti aveva ferito, ti aveva costretto a sfidare la morte, ma non era quello il vero male. Tu non avevi cercato cure, neppure quelle palliative. Dicevi che non avevi paura di morire e sicuramente, per quel che umanamente è possibile, era vero. Certo era vera e visibile la tua singolare battaglia. Tutti volevano mandarti da un medico, tutti ti consigliavano terapie, ma tu no. Avevi scelto, e ci eri riuscito sovvertendo per anni ogni pronostico, la terapia della vita. D'inverno, praticamente ogni giorno, apparentemente solo, salivi sulla tua Plose. La tua sciata, e lo sapevi, non era nulla di speciale, ma niente ti fermava. Né il vento, né la nebbia. Per incontrarti bastava salire sulla Plose, perché c'eri sempre. Apparentemente solo. In realtà, eri sempre lì a fare, una dopo l'altra, una discesa con i tuoi figli. Sì, i campioni. Roberta, che ti aveva regalato un titolo italiano assoluto di slalom davanti alla Compagnoni e alla Panzanini; e Stefano, che al palmares di famiglia aveva aggiunto un titolo di campione italiano assoluto di gigante, salvo dare probabilmente il meglio di sé come allenatore degli "azzurri"; senza dimenticare Matthias, non così bravo sugli sci, ma ingegnere di vaglia. Un'intelligenza straordinaria, quella che avevi avuto in dono dalla nascita, aveva fatto di te una persona speciale. Anche difficile, perché eri un vero burbero. Ma dietro quella scorza da duro, c'era un uomo di una sensibilità straordinaria. Capace d'aprirsi in un sorriso splendido per un nonnulla, purchè fosse autentico. Saresti stato un nonno ancor più speciale; in fondo mancavano pochi mesi perché tu lo diventassi addirittura due volte. Ma ci ammonivi con un consapevole: "se ce la farò", in una pausa dei tuoi altrettanto proverbiali e salutisti bagni al lago di Varna.  Toccherà così ai tuoi figli, ai tuoi adorati figli, raccontare ai tuoi nipoti chi era nonno Mario. Un papà straordinariamente difficile, addirittura criptico in tanti suoi atteggiamenti, ma solo per noi che non avevamo capito che il tuo era solo un codice da decrittare. Il codice dell'amore idealizzato. Scusa, Mario, se non avevamo capito che tutto quello che facevi era solo un modo per chiedere amore. Esplicitamente, non l'avresti mai potuto chiedere. Duro, inspiegabilmente - ma solo per noi - duro. In realtà così rispettoso dell'altrui intimità da non pietire neppure una confidenza affettuosa.  Ma i tuoi grandi occhi, Mario, parlavano. E disegnavano, sempre, splendide curve sull'amata Plose. Tu eri dietro i tuoi figli, buon ultimo, perché non ti volevi perdere nulla dello spettacolo. E sorridevi. Le parole erano superflue. Era tutto amore puro.













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