Semirurali, il museo piace e rievoca vecchi ricordi

Porte aperte e cittadini entusiasti: «Le case all’epoca erano senza serratura» Tanti gli aneddoti: «Nel ’64 a San Pio X organizzammo la prima messa beat»


di Alan Conti


BOLZANO. I ricordi sono carezze quando il pensiero torna spesso nello stesso punto. Le Semirurali sono state un grande amore per Bolzano, fondamenta di Don Bosco, portatrici di uno spirito che oggi nei condomini non ritrovi più. Nel varcare la soglia del nuovo museo, inaugurato l’altro giorno in via Bari e subito messo a disposizione con le porte aperte, i bolzanini cercano di risentire sulla pelle quell’emozione. Come il brivido di una canzone attraverso le immagini, i modellini o il video di com’era quel rione nemmeno troppo tempo fa. Ne escono comunque soddisfatti. «Io non ci abitavo direttamente - premette Maria Teresa Luzzi - ma oggi ho la casa in via Alessandria e avevo voglia di scoprire il mio quartiere nel passato. Ho avuto un quadro chiaro e soddisfacente». Affascinata è anche Cristina Sommacal. «Io venivo spesso alle Semirurali da amici e conoscenti. Ho fatto un primo giro in mattinata per farmi un’idea, ma tornerò anche con i miei fratelli per scovare nuovi ricordi. Bisogna dire che la trasformazione di questo rione è stata davvero impressionante».

Un autentico dipinto del passato ce lo offre Pietro Tubaro: «Si viveva in queste case con le porte d’ingresso senza serratura. Semplicemente ci si fidava. Ai piccoli negozi di fronte non si pagava ogni giorno, ma si faceva segnare al commerciante la merce e a fine mese, in corrispondenza dell’arrivo della paga, si saldava tutto. Nessuno sgarrava. Ricordo, poi, quando nel 1964 organizzammo la prima messa beat di Bolzano. Noi suonavamo in cinque e vennero tutti i giovani del quartiere. Un’emozione e un divertimento». Un sentimento che riaffiora anche dalle parole di Leopoldo Bonetti: «Un tempo c’era un rapporto tra le persone che oggi non c’è più. Il ritrovarsi alla sera, la cura dell’orto e il parlarsi. Era anche meno gente nello stesso spazio. Oggi sarebbe più difficile».

Chiusura, infine, con lo sguardo di chi le Semirurali non le ha mai viste: il giovane Michele Dalla Serra. «Mio nonno arrivò alla Lancia da Bari e mia mamma nacque nella zona dove stavano le baracche del campo di smistamento in via Resia. Sono incuriosito dai racconti di questo rione, dall’atmosfera che ci si respirava. In questa mostra, però, ho voluto approfondire anche il discorso del Lager bolzanino attraverso un percorso che è ben fatto ed emozionante».

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