Sequestro di persona, accusati sei agenti
Rischiano il processo per aver legato e rinchiuso in Questura per un’ora e mezzo un automobilista ubriaco
BOLZANO. L’accusa è grave. Sei poliziotti delle squadre “Volanti” della Questura di Bolzano rischiano di finire sotto processo per sequestro di persona. I fatti risalgono a due anni fa. A conclusione di un’inchiesta tanto dettagliata quanto delicata, il pubblico ministero Donatella Marchesini ha depositato richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli inquisiti. Uno dei poliziotti deve rispondere anche di falso e calunnia per aver ricostruito i fatti (nella successiva denuncia a piede libero) in maniera difforme a quanto sarebbe in realtà avvenuto.
La parte lesa è un automobilista altoatesino, Omar Rasera, trentenne. La mattina del 17 febbraio 2012 uscì di strada con la propria auto. Uscì illeso dall’incidente ma la pattuglia della polizia giunta sul posto per gli accertamenti di rito si accorse ben presto che l’automobilista “miracolato” era palesemente ubriaco.
Omar Rasera accettò di essere accompagnato in Questura per essere sottoposto all’alcol test. Risultò in condizioni psico-fisiche alquanto precarie posto che nel suo sangue fu rilevato un tasso alcolemico tre volte superiore ai limiti di legge. In altre parole il test rilevò la presenza di oltre 2 grammi di alcol per litro di sangue. Scattò l’inevitabile denuncia penale per guida in stato di ebbrezza alcolica ma le condizioni dell’uomo sarebbero state tali per cui i poliziotti decisero di trattenerlo in Questura per fargli riprendere un po’ di lucidità.
Gli errori. Forse nel tentativo di non aggravare ulteriormente la sua situazione, i poliziotti commisero un primo errore e non si comportarono come i regolamenti ed il codice avrebbero imposto. Invece di chiedere l’aiuto di un equipaggio del 118 gli agenti in servizio quella mattina decisero di rinchiudere Omar Rasera in una sala d’attesa protetta, adiacente agli uffici della Squadra Volante. Si tratta di una saletta videosorvegliata, accanto al corpo di guardia, priva di arredamento (per evitare atti vandalici o autolesionistici) nella quale l’uomo (pur non essendo in stato di arresto) venne rinchiuso a chiave alle 5.32 di quel 17 febbraio 2012. Nessuno avvisò il magistrato di turno. Poco dopo Omar Rasera iniziò però a dare segni di insofferenza predendo a prendere a calci e a testate la porta e i muri. Fu a quel punto che sei poliziotti decisero un secondo intervento nel corso del quale Rasera fu atterrato, immobilizzato, ammanettato , trasportato di peso in una sala d’attesa attigua (sempre videosorvegliata) ove venne lasciato a terra a faccia in giù senza scarpe e con le caviglie legate tra loro con del potente nastro isolante.
Le immagini. L’uomo (che non venne assolutamente malmenato) rimase in quella posizione per circa un’ora e mezza. Le immagini delle telecamere della videosorveglianza (la cui esistenza era nota agli agenti) allegate al fascicolo dell’indagine sono impressionanti in quanto si nota la vittima contorcersi a terra in un disperato tentativo di reazione. Successivamente, verso le 7.10, gli stessi poliziotti decisero di liberarlo permettendogli di lasciare la Questura dopo aver notato che le sue condizioni psico-fisiche erano migliorate. Appena oltre passato il cancello della Questura l’automobilista, ancora sotto shock per il trattamento subìto, decise di attraversare la strada e di rivolgersi ai carabinieri di via Dante per denunciare l’accaduto. E così venne avviata l’inchiesta a carico dei sei poliziotti. Uno dei sei, Roberto Locia, deve anche rispondere di falso e calunnia per aver ricostruito l’accaduto in maniera infedele nella relazione accompagnatoria allegata alla denuncia a piede libero per guida in stato di ebbrezza alcolica e resistenza a pubblico ufficiale. Roberto Locia (assistente capo di polizia) avrebbe falsamente accusato Rasera di aver minacciato gli agenti e di aver cercato di colpirli con calci e pugni, omettendo di segnalare il trattamento a lui riservato.
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