Shoah, «ora tocca a noi testimoniare» 

Partiti ieri 400 giovani per Auschwitz: «Siamo i custodi dei racconti dei sopravvissuti, raccogliamo la loro eredità»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Quattrocento, un esercito. Ognuno con più domande che risposte in testa, bagaglio leggero, zaino in spalla. E poi via, per gruppi: Bolzano 2, Bassa Atesina, Bolzano 1, Bressanone e a seguire Trento, Rovereto. Tutti in treno, appuntamento al Brennero dove saliranno anche i ragazzi del Tirolo. Destinazione: Auschwitz-Birkenau.

Eccolo dal vero, il “Treno della memoria”. Il convoglio per non dimenticare la Shoah e tutto il resto, dove il resto era fatto di gente normale, ragazzi come loro, finiti nelle camere a gas, assassinati da gente che si pensava altrettanto normale perché riteneva “accettabile” denunciare gli ebrei vicini di casa. E non capiva di essere precipitata nel buio.

«È stato questa una delle tante riflessioni che abbiamo fatto prima di partire - racconta un accompagnatore - la macchina dello sterminio composta da uomini comuni, non da pazzi». Dunque, potrebbe riaccadere. Ecco il senso del treno, che arriverà nei lager come erano giunte le vittime dell'Olocausto, più di 70 anni fa. Tutti giovani, i 400. Dai 16 ai 25 anni. Che se ne sono partiti ieri per tornare il 6 febbraio, prima Cracovia, poi la visita alla fabbrica di Schindler, l'imprenditore "giusto tra le nazioni" che salvò migliaia di israeliti, infine Auschwitz -Birkenau.

Ragazzi coraggiosi, i 400, perché non sarà semplice entrare lì. Tanti? Potevano essere di più. Per almeno altri cento non c'era più posto e dunque si è dovuto fare una breve selezione: storia, motivazione, voglia di porsi tante domande. Ma poi c'è un dato, che fa venire i brividi e offre il senso compiuto di questo treno: questa sarà riempito dall'ultima generazione col dono di ascoltare le voci e le parole di chi ci è passato , dentro la Shoah. Ancora qualche anno, e quei testimoni non ci saranno più.

«Col rischio - come ha detto Liliana Segre - che la nostra storia finisca in una nota a piè pagina...». Ecco perché Philipp Achammer e Guido Margheri dell'Anpi li hanno guardati e hanno detto loro: «Servono nuovi testimoni. Andando lassù, voi sarete testimoni dei testimoni, per raccontare anche quando saranno scomparsi gli ultimi in grado di farlo...».

Una bella responsabilità. Ma che sembrava non pesare sulle loro spalle. Tutti sorridenti, felici di esserci, di stare insieme e di entrare in un mondo che non è quello dei fumetti. Intorno a quest'esercito, i volontari di "promemoria Auschwitz 2019" la piattaforma che coordina il treno e i "tutor" di Deina, il gruppo operativo. Attivissimi i bolzanini, tra i quali Paolo Sticcotti, Michele Delle Serre e lo stesso segretario Pd, Huber. Che stanno dentro i convogli dal 2011. I quali non saranno riempiti, una volta di più, solo dalle truppe euroregionali ma da migliaia di studenti e no provenienti da tante regioni italiane, solo 700, ad esempio dal Piemonte.

Molta politica a salutarli ma senza tratti eccessivamente istituzionali, quasi sommersi, Achammer, gli altri assessori provinciali Alfreider e Bessone, Margheri e la folta rappresentanza anche trentina, dall'entusiasmo dei presenti, da un Auditorium Haydn mai così generoso di applausi e di contagiosa consapevolezza di essere dentro un percorso in grado di contribuire a farli diventare degli adulti. «E dei cittadini» è stato detto. Capaci non di ubbidire, il che è facile, soprattutto nelle dittature, ma anche di porre domande, elaborare un pensiero critico come è giusto che riesca a sviluppare la democrazia.

«Cercate di capire la normalità possibile di ogni razzismo, e dunque dell'antisemitismo che non smette di mordere» ha detto Bonagura. E con un “buon viaggio, ragazzi coraggiosi” li ha salutati Bessone, mentre Daniel Alfreider non ha mancato di ricordare come “questo viaggio comune tra italiani e tedeschi si ricolleghi anche al passato complicato delle nostre terre. Che, come ha detto Napolitano, dovranno essere delle cerniere con un compito preciso: abbattere i confini”. Anche mentali, come le trappole identitarie.

E Achammer ha voluto anche chiarire una volta per tutte l'inconsistenza delle polemiche sulla parola Olocausto apparsa e sparita dal programma di giunta: «Noi siamo su questo treno della memoria. E lo saremo ancora di più in futuro». Infine un emozionato Radames Gabrielli, della comunità sinti bolzanina ha ricordato il dramma del suo popolo, che con i rom finì, proprio tra le baracche di Auschwitz, nello "Zigeunerlager", il lager degli zingari. Vi entrarono a migliaia, ne tornarono poche decine.

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