Siamo tutti cittadini di Dobbiaco


Sergio Baraldi


I risultati delle elezioni ci hanno consegnato due segnali contrastanti, simboli di due prospettive diverse per l’Alto Adige. A Bolzano la più importante comunità tedesca del territorio ha votato, contro il centrodestra, per un sindaco italiano, che si è distinto come uomo del dialogo con il gruppo di lingua tedesca. Il segnale parla di un capoluogo a maggioranza italiana che sembra disponibile a aprire una fase post-etnica, in cui dalla convivenza separata di due differenti comunità sia possibile passare a una comunità più coesa, che riconosca al suo interno differenze culturali, linguistiche, etniche, che però trovano ragioni e valori per vivere e progettare insieme qualcosa di collettivo.
Da Dobbiaco sembra arrivare un segnale opposto da parte del vertice della Svp: qui la divisione del partito di raccolta, largamente il più rappresentativo della maggioranza tedesca, ha favorito la vittoria del candidato italiano, Bocher, mistilingue, assessore nelle passate giunte della Svp, bene integrato nella vita del paese e, a quanto dicono i voti, stimato. Due simboli di due diversi Alto Adige. Quale dei due vogliamo? In questo quadro complesso, è difficile comprendere la posizione assunta dal presidente Durnwalder, che ha espresso la sua contrarietà all’idea che un sindaco italiano possa governare un paese a maggioranza tedesca.
Le posizioni di altri esponenti di primo piano della Svp, come il segretario Theiner o il parlamentare Brugger, sono state più caute. La stessa Svp locale appare orientata verso un atteggiamento più equilibrato. Ma questo non cancella le parole di Durnwalder, il quale è un politico abile, di lunga esperienza, anch’egli stimato, ma che qui sembra essersi lasciato sfuggire la voce del suo subconscio tedesco, quasi che abbia parlato prima di pensare. Quando questo succede, in realtà si dice d’istinto quello che veramente si pensa. E’ proprio per questo che le sue dichiarazioni sono discutibili. Durnwalder ha delegittimato un sindaco che ha vinto le elezioni anche per scelta di molti elettori di lingua tedesca, altrimenti non avrebbe prevalso. Il presidente della Provincia rappresenta tutti, italiani tedeschi, ladini, e già questa mancanza di rispetto per l’esito della competizione elettorale appare stonata con il suo ruolo. Inoltre, è il garante dell’eguale accesso alle istituzioni sancito dallo Statuto oltre che dalla Costituzione italiana. Se Durnwalder mette in discussione il diritto di Bocher a governare fatalmente intreccia la sua posizione con l’interpretazione dei valori dello Statuto. In questo caso, il presidente offre una lettura delle regole fondative basata sul primato etnico, invece che su quello dell’autonomia e dell’equilibrio tra maggioranza e minoranze. E apre una crepa nell’edificio della convivenza. La questione è molto delicata. La legittimazione è il riconoscimento, da parte di un concorrente alla gestione del potere politico di una comunità, di un’identica pretesa da parte dell’altro. La de-legittimazione diventa la negazione dell’aspirazione al potere dell’avversario. In gioco entra la percezione che si ha del concorrente: si mette in discussione la sua lealtà, lo si definisce come “nemico”. La delegittimazione ci proietta in una logica di contrapposizione, che carica di segni negativi l’avversario, che difende l’integrità etnica della comunità, e classifica il “nemico” come contrario al sistema. Un “sistema” che non solo attribuisce la massima sfiducia al concorrente, ma lo fa con la peggiore giustificazione: Bocher non deve governare, perché è un italiano in un posto di tedeschi. Una giustificazione etnica. Non si comprende come Durnwalder non si accorga di causare una rottura del recinto di valori costituzionali entro cui dovrebbero operare gli attori politici del territorio, e che determinano i processi d’inclusione e quelli di esclusione. Lo Statuto dell’Alto Adige è la chiave d’ingresso nella sfera della legittimità politica: è costruito sulla convivenza tra gruppi linguistici diversi e sul rispetto dei diritti delle minoranze. Proprio il presidente rischia di aprire un conflitto attorno all’interpretazione di questi valori. E’ vero che il sistema dell’Alto Adige è imperniato anche sul riconoscimento delle differenti etnie del territorio, e che questo realismo ha evitato uno scontro pericoloso. Ma la delegittimazione dell’avversario, soprattutto su base etnica, rischia di avallare uno Statuto materiale in cui la “nazionalità” decide la maggioranza e diventa lo strumento per estromettere”chi c’è e intende esserci” nella competizione democratica. In questo modo, s’incrina il delicato equilibrio dello Statuto e si delegittima il sistema. Invece, se la fiducia nello spirito dello Statuto prevarrà, allora prevarrà l’idea di un Alto Adige in cui i tedeschi sono liberi di votare per un italiano e gli italiani per un tedesco. E potremo sperare di oltrepassare il risentimento etnico, avviando una nuova stagione autonomista. In questo caso, Bocher resterà sindaco, come hanno deciso gli elettori, e un negoziato consentirà di dare una doverosa rappresentanza alla popolazione a maggioranza tedesca. Dare o negare legittimità, quindi, qui significa fare o disfare il codice dell’identità politica del territorio. A Dobbiaco Durnwalder ha disfatto. Una trappola in cui il presidente è finito da solo. Forse sarebbe nell’interesse generale che italiani e tedeschi si sentano tutti cittadini di Dobbiaco, con Bocher sindaco eletto, perché questa è la nostra difficile democrazia.

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