Tagli e prepensionamenti La Uil: «Mancano postini»

Il segretario di categoria Boratti: «In Alto Adige l’azienda ormai è allo sbando» In caso di ferie, malattie, infortuni e dimissioni chi se ne va non viene sostituito


di Davide Pasquali


BOLZANO. Settanta posti tagliati nel corso dell’ultimo anno in base ad un accordo sindacale per il rilancio aziendale di Poste italiane, cui nel 2014 si sono aggiunti almeno una quindicina di cosiddetti esodi volontari, ossia licenziamenti o prepensionamenti spinti dall’azienda con opportuni incentivi o scivoli che dir si voglia. Del tutto legittimi, ma per ognuno che va, non c’è nessun nuovo assunto che sostituisce. E così, quelle che in gergo tecnico si dicono scorte, ossia i sostituti, sono sempre più ridotti all’osso. E a farne le spese è soprattutto il settore del recapito. Va un pochino meglio, o per meglio dire meno peggio, nel capoluogo altoatesino, ma nel resto della provincia la situazione è ormai quasi ingestibile, nonostante l’azienda in provincia disponga di oltre mille dipendenti.

Stiamo parlando delle poste, ormai allo sbando. E non si tratta affatto di un’iperbole giornalistica, ma è la cruda realtà descritta dal segretario provinciale di Uilpost, Giampaolo Boratti.

«Come da noi più volte denunciato sulle pagine del giornale, la situazione del recapito in Alto Adige, dopo i famigerati “interventi di riorganizzazione”, cioè i settanta tagli di posti di lavoro (ventisette zone di recapito ossia altrettanti postini più quarantatré dipendenti del Cpo di via Resia), oggi si può definire allo sbando».

L’azienda, spiega il segretario provinciale Uil del settore poste, aveva dichiarato che i tagli di zona sarebbero serviti anche a rafforzare il personale di scorta, come da accordo firmato da Cgil e Cisl, ma respinto dalla Uilpost, che già oltre un anno fa aveva previsto come sarebbero andate a finire le cose. «I suddetti firmatari - commenta ora il segretario Boratti - dovrebbero perlomeno sentirsi presi in giro».

Come volevasi dimostrare, prosegue, «la situazione è andata progressivamente deteriorandosi: ferie, malattie, infortuni, dimissioni non vengono compensate con assunzioni né temporanee né fisse, non si riesce a fare alcuna programmazione che vada oltre il domani». I portalettere sono ormai rassegnati a dover tamponare ogni sorta di problema con prestazioni straordinarie. E il personale di scorta ormai è una rarità. Ad aggravare il tutto c’è pure una situazione di paralisi decisionale da parte del management locale, che sta aspettando il nuovo piano quadriennale d’impresa dell’amministratore delegato Caio. «Tutto ciò sta creando forti disagi e pressioni sui responsabili dei centri di recapito locali, costretti a vivere alla giornata in totale abbandono, e spesso anche esposti, senza colpa, alle pur giustificate critiche degli altoatesini».

La situazione quindi, già difficile in precedenza, «oggi sta diventando drammatica».

Da più tempo «la nostra organizzazione sollecita l’azienda a dare più attenzione al nostro territorio, assumendo il personale di scorta necessario a far funzionare i servizi in qualità, ma i segnali che arrivano sono di segno opposto». Il malfunzionamento del recapito in Alto Adige «sta creando un dissesto gestionale che rischia di compromettere anche importanti accordi commerciali, che faticosamente sono stati realizzati nel tempo con possibili gravi ricadute occupazionali. E ciò non è tollerabile». I sindacalisti chiedono perciò maggiori investimenti in Alto Adige, «che è tra i territori più redditizi del nord-est». Uno dei pochi luoghi, in Italia, dove le poste ancora incassano bene. Anche dai servizi di recapito.

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