Toponomastica, sancito il bilinguismo 

La Consulta boccia Sèn Jan di Fassa e per Bolzano sottolinea che i toponimi in tedesco si aggiungono a quelli italiani


di Francesca Gonzato


BOLZANO. E alle fine la sentenza della Corte costituzionale sulla toponomastica è arrivata. E sancisce il bilinguismo «perfetto». Mentre la Provincia ha ottenuto svariati rinvii alla sentenza sulla legge provinciale del 2012, la «voce» della Consulta è arrivata su un caso minore, la denominazione del nuovo comune Sèn Jan di Fassa contenuta in una legge regionale: si parla di un caso specifico trentino, ma la sentenza depositata giovedì in molti passaggi ribadisce il «bilinguismo» perfetto in Alto Adige. Il testo è così dettagliato, che sembra costituire un ostacolo insuperabile per la linea della Svp di ottenere (attraverso leggi o norme di attuazione) un alleggerimento del bilinguismo perfetto. Alla Lega la Svp aveva già annunciato che in questa legislatura provinciale si tornerà a parlare della norma di attuazione che prevede un pacchetto di denominazioni «storiche» solo in tedesco. Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore), che in consiglio regionale si era battuto contro la denominazione del nuovo comune trentino, è convinto: «La Svp aveva chiuso la porta principale della sentenza più attesa e forse ha sottovalutato questo caso, da cui scaturisce uno stop macroscopico a ogni taglio della toponomastica italiana. La Costituzione consente solo l’aggiunta, non la sottrazione».

La legge regionale n.8 del 31 ottobre 2017 aveva istituito il nuovo Comune di Sèn Jan di Fassa-Sèn Jan (prima denominazione italiana, seconda ladina), nato dalla fusione di Pozza di Fassa e Vigo di Fassa.

La legge era stata impugnata dal governo Gentiloni proprio per la denominazione, che non prevedeva San Giovanni ma Sèn Jan. Successivamente il governo Conte ha ribadito la volontà di tenere aperto il procedimento. L’ultima memoria della presidenza del Consiglio è stata depositata il 4 settembre, in vista dell’udienza del 25 settembre.

Il collegio della Corte Costituzionale con Giorgio Lattanzi (presidente) e, tra gli altri, Franco Modugno (relatore) ha dichiarato la illegittimità dell’articolo della legge che utilizza «la denominazione Sèn Jan di Fassa-Sèn Jan anziché «San Giovanni di Fassa-Sèn Jan». La Consulta respinge le argomentazioni della Regione (avvocato Barbara Randazzo). Nella sentenza di diciotto pagine, che tiene insieme Statuto e dottrina costituzionale, si affronta diffusamente anche la situazione altoatesina, è questo l’aspetto interessante, in attesa della sentenza sulla legge provinciale. Questo uno dei passaggi: «Lo statuto speciale reca altresì disposizioni in tema di toponomastica le quali, dettando una disciplina che è profondamente influenzata dalle vicende storiche che hanno interessato la Regione nel corso della prima metà del secolo scorso, non apportano, tuttavia, alcuna deroga all’ufficialità della lingua italiana – la quale, dunque, deve essere necessariamente adoperata anche in tale ambito – ma si limitano a imporre, nei vari casi, l’utilizzo di denominazioni anche in lingua tedesca, ladina, mochena o cimbra». E ancora, nella regione Trentino Alto Adige «devono essere utilizzati, per un verso, toponimi anche in lingua tedesca nella Provincia autonoma di Bolzano e, per un altro, al fine di rispettarne le tradizioni, toponimi anche in lingua – secondo i casi – ladina, cimbra o mochena, nei territori ove sono presenti le rispettive popolazioni. Prescrivendo la compresenza della lingua italiana e, a volta a volta, delle lingue minoritarie, viene apprestata una tutela alle minoranze linguistiche e al loro patrimonio culturale in tema di toponomastica, senza tuttavia far venire meno, neppure in tale ambito, la primazia della lingua ufficiale della Repubblica, espressamente riconosciuta dall’art. 99 dello statuto speciale». C’è spazio anche per una stoccata» all’allora sottosegretario Gianclaudio Bressa, che aveva inviato una nota al presidente della Regione, prospettando la possibilità del ritiro dell’impugnativa, se il nome fosse stato modificato in «Sèn Jan di Fassa». Così la sentenza: «L’attività del sottosegretario per gli Affari regionali – che è svolta su un piano prettamente politico-istituzionale – non può impegnare il Consiglio dei ministri, unico organo legittimato a disporre del ricorso, né tantomeno condizionare lo scrutinio di legittimità costituzionale condotto da questa Corte».

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