Intervista

«Tumore al seno, una battaglia quotidiana che oggi si vince»

Romano Polato, chirurgo meranese, classe 1963, opera all’ospedale di Bolzano. Ha all’attivo 3.560 interventi come primo operatore, 1.800 al seno. «Il 97% delle pazienti supera la malattia, la medicina è andata avanti»


Valeria Frangipane


BOLZANO. “Non calare il sipario sul tuo dolore, perché il dolore che non ha voce sussurra al cuore gonfio e lo invita a spezzarsi”. «Shakespeare nel Macbeth aveva ragione. Quando vedo le donne che dopo una diagnosi di tumore si incupiscono penso sempre a questa frase. Insegnamento di vita che vale per tutti». Romano Polato, meranese, «Ma la mia famiglia era veneta, di Monselice», classe 1963, è responsabile della “Breast Unit” del San Maurizio, 25 specialisti in tutto. Opera al seno, asporta tumori.

In Italia si ammalano circa 45 mila donne l'anno. In Alto Adige più di 400. Quella del dottor Polato un'esperienza all'interno del reparto di Chirurgia - guidato dal primario Antonio Frena - lunga decenni. All'attivo 3.560 interventi come primo operatore - gli altri impossibile contarli - 1.800 al seno. Più di mille a al colon. Escluse tutte le urgenze. «Lavoriamo in equipe, da soli non si va da nessuna parte».

Medicina, passione di sempre?

Sì. Volevo fare lo psichiatra, mi piaceva Basaglia, psichiatria democratica. Poi un giorno sono capitato in sala operatoria e quello che mi ha colpito è stato vedere il problema e toglierlo. Una folgorazione sulla via di Damasco. A Padova, è stata durissima, siamo partiti in 1.200 e arrivati decimati. Poi ci sono stati i 5 anni di specialità a Verona in Chirurgia generale, l'ultimo a Bolzano con il professor Gian Pietro Marzoli. Volevo rimanere a Verona ma la sua scuola è stata la seconda folgorazione. Era il 1996. Marzoli mi ha insegnato il rispetto del paziente, sul tavolo operatorio c'era sempre la persona. E un gesto chirurgico importante.

Il primo intervento?

Appendicite a Verona, un classico. Ho fatto tutta la gavetta. Ho iniziato “aiutando”. Ad un tavolo operatorio ci sono sempre dai due ai quattro chirurghi, a seconda della complessità dell'intervento. Da giovane inizi da “quarto”, poi risali la china. A Bolzano facevamo Chirurgia generale che si può sintetizzare come Chirurgia di addome, tiroide e mammella. E tutta l'urgenza, i traumi, rottura di milza, rottura fegato ecc.

Come è nato l'interesse per la Senologia?

Avevo fatto la tesi sul tumore della mammella e pure il tirocinio. Un argomento che mi ha sempre accompagnato. Oggi i miei ambiti d'intervento sono il seno e la chirurgia laparoscopica del colon.

Una volta di tumore al seno si moriva. Oggi non è più così

Era una condanna a morte, non lo è più, lo possiamo considerare quasi un incidente di percorso. Oggi una donna su 6 a 50 anni sviluppa un tumore alla mammella ma i dati delle diagnosi precoci, dei tumori che riusciamo a prendere in stadio iniziale, parlano di una sopravvivenza a 10 anni del 97%. Un traguardo importante.

Cosa consiglia alle signore?

La mammografia ogni anno. Ma l'autopalpazione resta fondamentale da effettuare tutti i giorni. Quando troviamo tumori sotto il centimetro, vinciamo facile.

C'è chi dice che i raggi tutti gli anni fanno male

Un volo da Roma a New York equivale a due “toraci”. La cabina del pilota è schermata, quella dei passeggeri no.

Lei cosa dice alle pazienti a cui è stato diagnosticato il cancro?

Prospetto il percorso che è complicato. Fatto di esami, intervento, controlli, radioterapia, chemioterapia e dico che dopo un anno è un ricordo. Perché passa. Ma non lo dico perché sono buono, lo dico perché è vero. C'è chi reagisce con un “ce la farò”, c'è chi resta stordito e chi si deprime. C'è chi si ritiene molto forte e si scopre molto debole ma anche il contrario. Nessuno di noi conosce la proiezione che ha di se stesso. Il nostro compito è di non far sentir sole le donne. Non forziamo nessuno, proponiamo. Posso solo intuire le emozioni di chi ho davanti ma posso offrire soluzioni reali.

Vedete più pazienti giovani?

Si ne vediamo di più. L'età si sta abbassando. Dai 45 ai 50 anni. Credo che la lettera d'invito dell'Asl per lo screening dovrebbe partire dai 45 fino ai 70.

Dottore, il suo compito è togliere il problema

Non solo. Il primo obiettivo è salvare la vita della paziente ma poi c'è tutta l'oncoplastica ricostruttiva, una nuova branca chirurgica. Per cui io anche se non sono un chirurgo plastico (e come me i colleghi) ho dovuto imparare specifiche tecniche per cui alla fine dell'asportazione devo aver inserito le protesi provvisorie con un risultato estetico che deve essere il migliore possibile. Finito il lavoro interviene il dottor Davide Pino, che a Bressanone ricostruisce il seno con le protesi definitive.

La svolta nella lotta al tumore è arrivata con Umberto Veronesi

Certo. Se parliamo di chirurgia conservativa, il pensiero va a Veronesi che ha rivoluzionato la chirurgia mondiale. Le donne gli devono essere grate. L'ho conosciuto quando ero a fare corsi di perfezionamento allo Ieo di Milano. Aveva 89 anni. Prima le pazienti con tumore venivano trattate con mastectomia, la mammella veniva asportata. Poi il professore ha sviluppato la quadrantectomia, che toglie solo il quadrante colpito. Sempre sua l'intuizione della biopsia del “linfonodo sentinella”. Oggi non si tolgono più tutti i linfonodi ma si monitorano quelli che possono segnalare il problema. Facciamo un'iniezione il giorno prima dell'intervento con una proteina radioattiva che corre lungo le vie linfatiche e si deposita nel primo linfonodo collegato al tumore. Con una sonda geiger cerchiamo il linfonodo radioattivo e sappiamo che è il primo. Lo togliamo e lo mandiamo ad analizzare. Se è positivo ha senso togliere gli altri, se è negativo no. Abbiamo così evitato lo “scavo ascellare” a tutte le pazienti ed un gesto chirurgico inutile. Questo è il nostro quotidiano.

Tolto il tumore cosa fate?

Quando ho tolto uno, due spicchi - se devo fare la conservativa - o tutta la mammella se devo fare la mastectomia ecc. vado in Patologia. Insieme allo specialista tagliamo la ghiandola per controllare che dentro ci sia il tumore e che tutt'attorno ci sia abbastanza tessuto sano per poter dire di aver fatto un buon intervento. La questione si chiude così nel 95% dei casi. Il patologo nei giorni successivi analizza di nuovo al microscopio la parte di ghiandola asportata e nel 5% dei casi trova cellule sul bordo. In quel caso siamo chiamati a reintervenire. Dobbiamo sempre avere almeno 5 millimetri di tessuto sano attorno al tumore.

Come vi comportate con i tumori in fase iniziale, quelli invisibili ad occhio nudo?

Prendiamo un tumore di 5 millimetri, lesione non palpabile. Il radiologo mette dentro o vicino al tumore una clip, una graffettina di un millimetro che si vede in ecografia e mammografia. Che indica il tumore e si vede in lastra di controllo. Abbiamo sempre bisogno della conferma che l'intervento chirurgico sia stato corretto ed appropriato.

L'Unità senologica del San Maurizio è certificata secondo i criteri Eusoma. Cosa significa?

Si tratta di una certificazione che attesta l'elevata qualità degli interventi diagnostici e terapeutici eseguiti nel nostro Centro che garantisce un approccio a 360° delle discipline specialistiche previste: radiologia senologica, medicina nucleare, chirurgia senologica, chirurgia plastica e ricostruttiva, anatomia patologica, oncologia, radioterapia, genetica medica, psicologia, fisiatria, geriatria, cure palliative e breast nurse. Una donna operata in un Centro certificato Eusoma ha il 10% in più di possibilità di sopravvivere rispetto ad una paziente trattata altrove. Si tratta di un processo iniziato a Bolzano nel 2010. Garantiamo un percorso completo e interdisciplinare, dalla diagnosi sino ai molteplici trattamenti, in linea con le linee guida europee. La proposta terapeutica è sempre personalizzata. Come un abito sartoriale. Bolzano effettua anche la mastectomia profilattica in persone con diagnosi di tumore mentre le pazienti sane con mutazione genetica Brca - di solito tra i 35/40 anni - vengono da noi mandate al Centro tumori di Milano dal professor Secondo Folli. Il tumore oggi si batte. Care donne - e ne ho tre in casa, moglie e due figlie - aiutateci con la prevenzione. Insieme ce la facciamo.













Altre notizie

Attualità