Uli, il ragazzo che vola tra le rocce

Partito da Laives gira il mondo lanciandosi nel vuoto con una tuta alare: «La sfida? Saltare dove nessuno lo ha mai fatto»


di Alan Conti


BOLZANO. «Cosa mi piace del volo? La camminata».

Ecco, Uli Emanuele, 28 anni di Pineta di Laives, è tutto qui: non esiste la risposta tradizionale per un ragazzo che affronta i precipizi in volo affidandosi a una tuta alare e ai suoi calcoli. Già, perché nell'amore che spinge Uli a sfiorare gli alberi e solleticare l'aria, radente la neve, c'è il piacere puro della montagna, del paesaggio, in definitiva del mondo. Appena tornato da un torneo mondiale in Cina e dall'Iran, dove ha “aperto” nuove traiettorie come sua abitudine, è venuto a incontrarci in redazione per provare a fare volare un poco anche noi e i lettori. Perlomeno a parole.

«Per lanciarmi devo arrivare al punto di stacco, il cosiddetto “Exit”, già alla mattina presto per evitare il vento. In particolar modo sulle Dolomiti. Mi capita, quindi, di fare camminate veloci di tre o quattro ore attraverso scenari naturali che non avrei mai visto altrimenti. Meravigliosi».

Il gusto di librarsi nel vuoto, dunque, arriva dopo.

«Cronologicamente sì, ma è tutto l'insieme ad avere fascino. La passione per questa disciplina mi guida in luoghi imprevisti e mozzafiato. Mentre volo, invece, è tutto molto veloce e sono totalmente concentrato su quello che devo fare. Inevitabile. Certo, quando poi ti infili in mezzo a due albeti, radente al terreno o lungo una gola di roccia la sensazione è stupenda».

E la paura? Come la mettiamo con la paura?

«Più che paura direi la tensione. Non scrivete, però, che non temo niente perché non è vero: andare al lavoro tutti i giorni, per esempio, mi spaventa. Anche quando mi avvicino a un burrone senza tuta alare non sono esattamente a mio agio. Non è vertigine, più un senso di disagio».

Inutile girarci intorno: la morte è un pensiero che non può non fare capolino.

«Certo. Io mi concentro per fare tutto perfetto, senza errori. Sono concentrato su quello e volo. Semplicemente cerco di non morire».

Lo sbaglio, però, fa parte dell’essere umano.

«Vero, è capitato anche a me di essermela vista brutta in determinate circostanze. Bisogna accettarlo e fare in modo che sia gestibile. Così diventa un insegnamento per la volta successiva»

Cosa significa “aprire un volo”?

«E' lo stesso concetto dell'alpinismo: creare un salto che nessuno ha mai fatto prima. Mettere a punto tutti i calcoli per capire dove lanciarsi e quali traiettorie prendere».

Per insegnarlo agli altri?

«Personalmente no. Sono molto geloso dei miei voli e tendo a tenere per me le indicazioni specifiche. E' bello pensare di realizzare qualcosa che nessuno ha mai fatto prima, ma è un godimento personale. Siamo un po' come i fungaioli: certe cose sono solo nostre».

Eppure il web impazzisce per i suoi video mozzafiato. Il pubblico reagisce con entusiasmo.

«Vero, ne sono contento, ma quello è anche necessario per avere della visibilità. Purtroppo, salvo qualche raro caso finanziato dagli sceicchi di Dubai, vivere di questa disciplina non è facile. Io, però, ci voglio provare e mi darebbe particolare soddisfazione riuscirci collaborando con realtà altoatesine. Speriamo di stuzzicare sempre più l’interesse di qualche investitore».

Il suo è un invito agli sponsor?

«Perchè no? Mi prendo ancora due anni di tempo per provare a coronare questo sogno prima di abbandonarlo, però rimango geloso di quello che faccio».

Chiedere il volo più bello, quindi, è azzardato.

«Posso dire quello che ho fatto dal Sassolungo in occasione del Jazz Festival. Tanto mi hanno dovuto portare in elicottero e dubito che sia replicabile. Un’esperienza, comunque, di una bellezza difficilmente eguagliabile».

Una passione che la porta in giro per il mondo: Iran e Cina le ultime.

«In Iran sono stato invitato da un amico americano ed è stata un'esperienza umana stupenda. Gente straordinaria che mi ha ospitato con gioia senza nemmeno conoscermi. In Cina partecipavo a una gara mondiale di velocità di volo, ma a me la competizione interessa poco».

Intanto vivi in Svizzera e torni a casa atterrando direttamente in giardino.

«Giusto – ride – faccio il lavapiatti nei pressi di una pista da sci. Ho scelto questo lavoro proprio perché, terminato il mio turno, posso saltare e rincasare in volo. E' divertente e mi tengo in allenamento».

Per la gioia della sua fidanzata spagnola Victoria Fernandez.

«Merita un applauso perché mi sostiene sempre, mi aspetta ore in auto alla fine dei miei voli e mi segue in quello che faccio».

Lei non prova a volare?

«Non si tratta di un qualcosa che si può provare. Si arriva a farlo alla fine di un percorso preciso. Io ho iniziato, grazie a mio papà, a lanciarmi a 16 anni con il paracadute. Bisogna immaginarsi una crescita complessiva della tecnica e dell’esperienza di volo».

C’è chi è troppo disinvolto?

«Non tutti per carità. Tuttavia ci sono dei ragazzi che dopo due anni di salti cercano di fare quello che faccio io dopo otto. Ecco, questo è davvero pericoloso”.

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