Una dozzina di colpi per finire Alexandra 

Si terrà domattina in carcere l’udienza di convalida per Johannes Beutel l’uomo che lunedì a Merano ha ucciso con il coltello la moglie di 34 anni


di Paolo Tagliente


BOLZANO. L’ha colpita una dozzina di volte con un coltello di tipo butterfly, un particolare tipo di coltello il cui manico, diviso in due, si chiude per coprire la lama. Con quell’arma, che di solito teneva nello zaino, lunedì pomeriggio, il trentottenne Johannes Beutel ha tolto la vita ad Alexandra Riffeser, 34 anni, madre delle loro bambine di 6 e 9 anni. Sul numero esatto di fendenti che l’uomo ha sferrato contro la donna sposata nel 2014 non ci sono certezze. Una dozzina almeno, secondo il primo esame cadaverico, ma sarà l’esame autoptico, che su incarico della procura di Bolzano, l’anatomopatologo di Verona, Dario Raniero, eseguirà sabato, a dare con precisione il numero di colpi e anche a dire quali sono stati quelli fatali. Sarà l’autopsia, insomma, a raccontare la furia con cui il trentottenne austriaco s’è scagliato contro Alexandra, scaricandole addosso una rabbia che probabilmente lo stava divorando da tempo. Subito dopo l’arresto, Beutel ha subito ammesso le proprie responsabilità, spiegando al sostituto procuratore di Bolzano, Igor Secco, d’aver agito per gelosia. Agli agenti del commissariato di Merano, il trentottenne austriaco era parso lucido, freddo, tanto da confessare subito il delitto e tanto da fornire anche qualche dettaglio sulle motivazioni di quel terribile gesto. Parole che Beutel sarà chiamato a ripetere davanti al giudice per le indagini preliminari nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, che si terrà con tutta probabilità nella mattinata di domani, nel carcere di Bolzano. L’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato, sarà assistito dal difensore di fiducia, l’avvocato meranese Markus Vorhauser, che nelle scorse ore ha potuto incontrare Beutel in carcere. Su cosa abbia detto l’uomo, ovviamente, il legale mantiene il più stretto riserbo. I nuovi elementi, intanto, spostano indietro di circa mezz’ora il momento in cui è avvenuto l’omicidio: attorno alle 13 anziché alle 13.30, quando nel grande maso di via Laurin le figlie della coppia non c’erano ancora, ma sarebbero rientrate di lì a poco dalla scuola. Non è chiaro se la mano di Beutel si sia armata al termine di una discussione con la moglie o se la sua rabbia sia esplosa all’improvviso, scatenata da tensioni che, secondo quanto emerso, andavano avanti da tempo. Da quando la bimba più piccola, al termine di due anni di durissima battaglia, aveva sconfitto la leucemia. Quella difficilissima esperienza aveva messo a dura prova Alexandra e Johannes e quando finalmente l’incubo era finito, la gioia per il pericolo scampato era stata parzialmente smorzata dal constatare che la loro relazione aveva subito danni irreversibili ed era ormai in pezzi. Le successive tensioni avevano dato il colpo finale al matrimonio e stavano portando alla separazione. E forse proprio la paura che tutto questo finisse, il timore che il nucleo familiare si spezzasse e, soprattutto, il terrore che Alexandra potesse continuare a vivere senza di lui e magari ricominciasse una vita accanto ad un altro uomo, hanno accecato Johannes. Che ha impugnato il suo coltello, uno di quelli “a farfalla” che siamo abituati a vedere nelle sfide tra gang nei film americani, e s’è scagliato come una furia contro la donna . Erano da soli e nessuno ha potuto aiutare Alexandra, nessuno è riuscito a correre in suo aiuto, dopo aver udito le sue urla disperate. Quando la sorella Isabelle è arrivata nel locale in cui s’è consumata la tragedia, tutto era finito. La povera ragazza giaceva a terra, in una pozza di sangue. Lui, Johannes, era poco distante, tranquillo, come se il demone che qualche istante prima lo aveva trasformato in un assassino spietato avesse abbandonato il suo corpo. Poi, l’allarme, i soccorsi inutili, la polizia, i rilievi della scientifica, l’arresto. All’Huberhof era poi calata la notte, a rendere ancora più straziante e insopportabile la disperazione di chi era rimasto.















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