Una nuova vita per Ale a Gianfranco

In piazza del Grano i volontari di Avis, Aido, Adisco e Admo


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Donare per cambiare un destino e ridisegnare una vita». Il messaggio-appello sulle magliette dei volontari dell’Admo (donatori di midollo osseo) è lo stesso lanciato ieri da Avis (donatori di sangue), Aido (donatori di organi) e Adisco (donatrici sangue del cordone ombelicale), assieme in piazza del Grano, in occasione della Giornata nazionale della donazione e del trapianto. Obiettivo comune: informare la popolazione sull’opportunità di fare la differenza nella vita di chi si è malato e attende la possibilità di rinascere.

Ale Polì, 13 anni bolzanino, che ha capito l’importanza della donazione già da piccolo, ieri era allo stand dell’ Admo assieme a Emanuela Imprescia: la mamma che dopo aver vissuto il dramma della leucemia diagnosticata al figlio, quando aveva quattro anni e mezzo, ha deciso di impegnarsi in prima persona nell’associazione di cui è diventata presidente. «In Alto Adige gli iscritti al registro dell’Admo, ovvero dei potenziali donatori di midollo - spiega la presidente - sono 6.048 (possono entrare coloro che hanno tra i 18 e i 37 anni): troppo pochi anche perché vi è una possibilità su 100 mila che vi sia compatibilità tra il malato e il donatore». Ale è stato sottoposto per due anni e mezzo a chemioterapia e radioterapia, nel 2010, quando ormai la malattia sembrava sconfitta, la recidiva. Un’unica possibilità: il trapianto.

«Sono stato fortunato - racconta Ale - ho ricevuto il midollo da una ragazza germanica di 22 anni: il 3 maggio abbiamo festeggiato i tre anni dal trapianto. Ricordo che per 72 giorni sono stato in completo isolamento: il mondo lo guardavo da una finestra dell’ospedale di Padova che si affacciava su un prato e da una finestra virtuale, ovvero dal gruppo facebook che oggi conta 15 mila iscritti». Grazie al midollo della donatrice germanica, oggi Ale fa una vita normale che si divide tra la scuola (le medie Alfieri) e gli allenamenti di scherma. In autunno s’iscriverà allo scientifico Torricelli . «Il mio sogno sarebbe fare il medico». Nel frattempo Emanuela, la mamma, ha restituito il dono ricevuto da suo figlio, donando a sua volta il midollo trapiantato in Olanda. L’intera famiglia è coinvolta nell’associazione: il papà Salvatore, sottufficiale della Marina, collabora con il nucleo che trasporta il midollo per i trapianti e la sorella, Daniela Imprescia, è infermiera in Ematologia al San Maurizio.

Gianfranco Maffei, 58 anni, educatore di persone con handicap, festeggerà l’inizio della sua seconda vita il 4 giugno. «Sono stato malato quattro anni - racconta - ed è stato un periodo durissimo. Mi hanno dato per spacciato più volte. La situazione era così critica che, quando mi è arrivata la notizia che c’era un donatore, ero già ricoverato all’ospedale di Bologna: il dolore era tale che sono entrato in sala operatoria tranquillo, perché pensavo che peggio di così non poteva andare».

Con il nuovo fegato Maffei è tornato a vivere e da quel momento ha cominciato ad impegnarsi per cercare di diffondere la cultura della donazione, entrando a far parte del direttivo provinciale dell’Aido. «In Alto Adige - spiega il presidente dell’Aido della sezione di Bolzano Ulderico Squeo - abbiamo 10.650 potenziali donatori di organi. Troppo pochi. Lo scorso anno sono stati 12 i donatori effettivi: 25 le persone trapiantate». Quest’anno i numeri potrebbero essere inferiori. «Finora - spiega Bruno Giacon, primario di Nefrologia e coordinatore provinciale del Centro trapianti - abbiamo fatto tre accertamenti di morte, ovvero seguito tre potenziali donatori, ma solo in un caso è seguita la donazione, negli altri due sono insorti problemi o si sono scoperte patologie per cui è stato impossibile donare gli organi». Anche Marisa Cantisani, a lungo presidente delle ostetriche e fondatrice dell’Adisco (oggi la presidente è la pediatra Giulia Ragnanese), lancia l’appello alle donne, perché donino il cordone ombelicale che contiene cellule staminali preziose nella cura di linfomi e leucemie dei bambini. «Servono tante donatrici perché solo in pochi casi il sangue è poi utilizzabile». Suo figlio Carlo è morto a 46 anni nel 2010 per un linfoma e la ditta per la quale lavorava - la Eurotherm di Appiano - ha fatto una donazione all’Adisco. «L’abbiamo utilizzata per pagare una borsa di studio ad una psicologa che, durante l’estate quando le insegnanti non ci sono, ha lavorato con i bambini dell’Oncologia pediatrica. Mi è sembrato il modo migliore per ricordare mio figlio». Per sensibilizzare le nuove generazioni, in piazza del Grano c’era Bruna Nardin in rappresentanza dei giovani dell’Avis: 18.500 iscritti in provincia. «Con gli attuali donatori - dice il presidente Diego Massardi - l’Alto Adige è autosufficiente, ma è importante cercare sempre nuovi volontari».

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