Venduti all’asta i primi attrezzi dell’Hockey Bolzano

Acquistata una pressa per 300 euro, invendute le cyclette Knoll: «Senza aiuti pubblici possiamo dimenticarci la Ebel»


di Davide Pasquali


BOLZANO. Alcuni tifosi bolzanini si erano radunati all’esterno del Palonda, ieri pomeriggio, con l’intenzione di regalare, a spese loro, gli attrezzi necessari ai propri beniamini. Poi, hanno scoperto che le macchine all’asta non erano quelle effettivamente utilizzate per l’allenamento e quindi hanno desistito.

Fatto sta che ieri si sono incassati soltanto trecento euro, dei 125 mila non ancora saldati dall’Hockey Club Bolzano, più un ulteriore esborso di 200 euro per l’imposta di registro, che però a poco o nulla serviranno all’azienda germanica creditrice, costretta a pagare l’Iva per merci vendute ma per le quali non si è incassato. All’asta di ieri sera, nella palestra del Palaonda, si è venduto soltanto uno degli attrezzi da allenamento messi in vendita al miglior offerente, ossia una pressa. Per quanto riguarda gli altri attrezzi, cyclette e vogatori, nessun interesse, visto che gli strumenti messi all’asta erano privi dei rispettivi chip, indispensabili per farli funzionare.

«Che noi abbiamo dei problemi, tutti lo sanno», ha commentato al termine dell’asta il presidente dell’hockey club Bolzano, Dieter Knoll, presente al tentativo di vendita all’incanto. «Non ho altro da dire, a parte che ci vuole un po’ più di attenzione da parte di tutti». Knoll si riferisce alle notizie di pubblico dominio, ossia che «ovviamente ci serve un aiuto da parte degli sponsor, del Comune, della Provincia, un po’ di tutti. Perché, chiaramente, io non è che devo per forza fare l’hockey. A me non l’ha mica ordinato nessuno, che devo farlo. Ovviamente, se non c’è l’aiuto di tutti e se non si vuole più avere l’hockey, questo è un segnale forte: l’hockey non andrà più avanti». Il discorso è questo: «Senza certi aiuti, non possiamo fare la Ebel. Più di lavorare giorno e notte io non posso e chiaramente vale lo stesso anche per i miei colleghi». Se si vuole, insomma, si deve dare un aiuto. Sostanziale. «Sennò l’hockey non ci sarà più, almeno ad altissimo livello. E il tutto con le sue belle conseguenze. Perché, allora, non servirà più un Palaonda eccetera eccetera».

Su tutt’altra lunghezza d’onda l’avvocato Andrea Gnecchi, dello studio Moccia, che ha chiesto e ottenuto l’esecuzione forzata dopo la sentenza incassata per conto della società ricorrente. «I macchinari, così come installati in palestra, non funzionano, perché mancano i chip, che non sono stati pignorati dall’ufficiale giudiziario e che quindi sono ancora di proprietà dell’HC Bolzano, il quale naturalmente non li consegna alle persone interessate all’acquisto e quindi l’asta, di per sé, è andata deserta. Adesso vediamo se la seconda volta, il 10 febbraio, saremo più fortunati».

Si chiederà un’integrazione del pignoramento e si cercherà di vendere il lotto completo. Si avanzerà la richiesta, ma i tempi tecnici sono ristretti e, a ben vedere, i dubbi che l’integrazione arrivi in tempo sono più che concreti. «Cercheremo di fare il possibile», conclude l’avvocato Andrea Gnecchi.

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