il caso

«Voucher? Basta cambiare il nome»

Corrarati e Serafini: «Pochi mesi per trovare un’alternativa». In un anno sono stati venduti 3,514 milioni di ticket



BOLZANO. Con la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta ufficiale, da ieri non è più possibile acquistare i voucher. Di qui la corsa, nei giorni scorsi, all’acquisto dei buoni lavoro da 10 euro lordi (7,5 euro netti) nati per pagare le prestazioni occasionali e cercare di eliminare il fenomeno del lavoro nero. Il decreto, approvato dal governo prevede la cancellazione totale di questo strumento, ma per consentirne l’esaurimento, si potranno utilizzare i “buoni” già comprati fino al 31 dicembre 2017.

In questo lasso di tempo i sindacati come i rappresentanti degli imprenditori auspicano che si trovi una soluzione alternativa, in grado di evitare gli abusi che di questo strumento se n’è fatto, pagando con i voucher persone che venivano di fatto impiegate a tempo pieno e in modo continuativo. Due condizioni queste che richiederebbero in realtà un’assunzione a tempo determinato, se non addirittura indeterminato.

Secondo i dati forniti dall’Inps, in provincia di Bolzano nel 2016 sono stati venduti tre milioni e 514 mila voucher: in rapporto al numero di abitanti l’Alto Adige è al primo posto in Italia, in termini assoluti al sesto. Commercio e turismo i settori con il maggior utilizzo.

«Ma questo - dice Claudio Corrarati, presidente della Cna - non significa che i nostri imprenditori ne abbiano abusato. Anche perché ormai era possibile rintracciare chi ne faceva un uso distorto. La verità è che i voucher rispondevano ai bisogni di un mercato che chiede una sempre maggiore flessibilità, ma si trova a fare i conti con una burocrazia pazzesca per quanto riguarda assunzioni e licenziamenti. Per cui soprattutto in alcuni settori, come commercio, turismo, agricoltura oltre che nell’artigiano per certe lavorazione specifiche, i buoni lavoro erano il modo giusto per pagare le prestazioni occasionali».

Per queste ragioni, secondo il presidente degli artigiani, così com’era stato concepito e successivamente corretto per evitare un uso distorto, il sistema dei voucher andava bene: «Io cambierei semplicemente il nome: chiamiamolo invece che voucher contratto a chiamata o a brevissima durata. Senza però modificare la sostanza». Preoccupato per le conseguenze dell’abolizione anche Toni Serafini, segretario provinciale della Uil: «In questo modo si butta via con l’acqua sporca anche il bambino. Il rischio è un ritorno al lavoro nero. Serve al più presto una regolamentazione seria per i lavori occasionali. Si potrebbe copiare dal modello francese. I voucher lì per un terzo sono usati dalle famiglie per pagare colf e badanti: in questo modo possono usufruire di sgravi fiscali; per due terzi sono utilizzati dalle imprese per pagare il lavoro occasionale».













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