Affitti Ipes, giro di vite: i figli adulti devono pagare 

Ricorso di una famiglia di Bressanone il cui figlio ha un’attività in perdita Il presidente Schweigkofler: «È una scelta politica che ritengo più che legittima»


di Massimiliano Bona


BRESSANONE. «I figli adulti che vivono con i genitori in un alloggio popolare devono contribuire all’affitto: questo è un principio contenuto nella legge provinciale che intendiamo far rispettare nonostante i diversi ricorsi presentati»: a parlare è Heiner Schweigkofler, presidente dell’Ipes, secondo il quale la questione è «politica, più che tecnica». Un discorso che, almeno sulla carta, non fa una piega e riguarda centinaia di famiglie con figli disoccupati o che comunque non guadagnano a sufficienza per contribuire all’affitto e aiutare i genitori.

Il caso concreto ci è stato sottoposto da Rosanna Stablum (addetta alle pulizie che guadagna 900 euro al mese) che vive con il marito (operaio con uno stipendio di 1.300 euro straordinari compresi) e il figlio Davide in via Fienili. «Mio figlio - spiega la signora - ha un’attività autonoma dal 2014 e come molti, inizialmente, non ha fatturato utili, ma perdite. Il primo anno di 18 mila euro, il secondo di 1.800 euro e l’ultimo di 400 euro. Sta crescendo, piano piano, ma è ancora a carico dei genitori». Davide – per la cronaca – si occupa di «car wrapping», un sistema che consente di cambiare colore all’auto con l’utilizzo di una pellicola adesiva.

«L’Ipes, quando aumenta il reddito di una famiglia, chiede un adeguamento del canone, ma quando il reddito resta invariato prevede comunque dei ritocchi. Ecco perché abbiamo deciso di presentare ricorso. Il primo, presentato con il supporto del Centro Casa di Bolzano, ci è stato bocciato dall’Ipes ma accolto dal Comitato per l’edilizia residenziale. I successivi, poi, ci sono stati respinti. Domani (oggi per chi legge ndr) presenteremo il nostro terzo ricorso». Ma come fa l’Ipes a calcolare la quota parte dovuta da un figlio adulto che non guadagna? «Nel nostro caso applica - spiega la signora Stablum - i cosiddetti studi di settore, che prevedono 20 mila euro per il primo anno di attività, 25 per il secondo e 30 per il terzo. In realtà mio figlio, dopo tre anni, è ancora in perdita». Il presidente dell’Ipes Heiner Schweigkofler stronca sul nascere questo ragionamento. «Applichiamo semplicemente la legge che fissa un principio: se un figlio adulto lavora deve contribuire al pagamento dell’affitto di un alloggio sociale. I ricorsi, a riguardo, sono destinati ad essere respinti».

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