Covid, ristoranti salvati dalle consegne a casa 

L’emergenza e le nuove abitudini. Tra chiusure e aperture, molti locali hanno cambiato il modo di preparare e vendere i loro prodotti, «in attesa - dicono i titolari - di regole chiare»


Fabio De Villa


Bressanone. Puntare sempre più su consegne a domicilio e su prodotti da asporto. Per i ristoratori brissinesi è questa la formula per tirare avanti nell’emergenza Covid e nella conseguente alternanza di chiusure e aperture. Anche per i clienti, la situazione creatasi con la pandemia ha cambiato in maniera sostanziale l’approccio con ristoranti e pizzerie.

“A Bressanone le consegne a casa di cibo, almeno fino all’anno scorso, non erano così diffuse – spiega Bettina Harpf dell’omonimo ristorante - Oggi il servizio di food delivery è qualcosa di più di una semplice opzione per molti ristoratori. Ha evitato la chiusura di molte attività ristorative in Italia o almeno ha garantito un po’ di liquidità. Si tratta di una realtà ormai consolidata e, sopratutto in primavera, ci ha permesso di lavorare abbastanza bene, raggiungendo circa il 50% del nostro solito fatturato. Ora la situazione è cambiata, perché sono in molti ad avere adottato le consegne a domicilio e la concorrenza è quindi aumentata. Per quanto concerne il futuro è un bel punto di domanda, perché tra aperture e chiusure, non riusciamo ad organizzarci a dovere ad esempio con il personale”.

Le consegne a domicilio sono invece il pane quotidiano di Gert Jubani di Pizza Express, una delle poche realtà in città che la crisi del settore ristorazione ha toccato solo in minima parte: “Abbiamo avuto la fortuna di lavorare abbastanza bene anche in questo ultimo anno, in quanto la nostra attività si basa esclusivamente sulla consegna a domicilio delle pizze e siamo conosciuti in tutta la città. Lavoriamo sette giorni su sette, festività comprese e non abbiamo registrato un calo degli ordini nell’ultimo periodo. Al contrario, talvolta le ordinazioni aumentate hanno costretto i clienti a tempi di attesa più lunghi, ma più di così non possiamo fare, in quanto non possiamo ospitare più di 5 elementi di personale. Nei giorni più affollati siamo stati capaci di preparare più di 500 pizze in un solo giorno”.

Anche la cucina asiatica è richiesta in città. Deyi Zhou, della catena Sushi Daily,prepara giornalmente più di mille pezzi di sushi: “Il lavoro ha alti e bassi, ci sono giornate in cui non ci fermiamo un minuto ed altre invece in cui avanza del prodotto. Il nostro lavoro consiste nel preparare vaschette di sushi d’asporto. Prendiamo anche ordinazioni per i clienti che richiedono un prodotto particolare. Sentiamo comunque anche noi la crisi, un po’ come tutti, e speriamo che venga presto fatta chiarezza nei regolamenti nel settore della ristorazione”.

Sui prodotti a chilometro zero, punta Pur Südtirol. “Ci siamo dovuti adattare anche noi al cibo da asporto – sottolinea Ulrich Wallnöfer – fortunatamente la nostra clientela ci ha permesso di lavorare relativamente bene, sia privati che aziende e sia a colazione che a pranzo. Nell’ultimo periodo di restrizioni abbiamo fatto circa 50 pranzi da asporto al giorno, mentre da oggi, con le aperture a mezzogiorno, ci auguriamo di tornare a farne almeno il doppio, come in passato”.

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