L’esperto

La parola al professore Colombi: «Siamo tutti schiavi del digitale»

Il docente di tecnologia della didattica ed ecologia digitale all’Università di Bressanone invita i giovani a «non sprecare troppi neuroni sui social e provare ad imparare qualcosa di utile ogni giorno»

DISPOSIZIONI Circolare del ministero: stop ai cellulari in classe


Anselmo Niglio


BRESSANONE. Alessandro Colombi è professore di tecnologia della didattica ed ecologia digitale all'Università di Bressanone. Insegna educazione ai media nei corsi di laurea per educatore sociale e scienze della comunicazione, e pedagogia dei media ai futuri docenti alla facoltà di scienze della formazione. Chiarisce nell'intervista il punto di vista «accademico» del rapporto tra digitale e nuove generazioni.

Professor Colombi, ritiene che gli studenti italiani siano «schiavi» del digitale?
Escludendo eccezioni e casi particolari, dovremmo dire che lo siamo in realtà un po' tutti, mentre giovani e giovanissimi non solo tendono ad esserlo potenzialmente di più per molteplici ragioni (da quelle culturali e legate alle dinamiche di gruppo, sino a quelle neurofisiologiche e legate appunto allo sviluppo cerebrale e cognitivo), ma ricevono continue conferme proprio dall'agire degli adulti di riferimento.

È scientificamente fondato questo allarmismo?Assolutamente sì, le conferme scientifiche si moltiplicano ormai da anni e, giusto per fare un esempio, nel 2018 la World Health Organization ha definito come malattia il disturbo da videogioco compulsivo, mentre proprio lo scorso 8 dicembre la Corte suprema del Quebec ha autorizzato la prima causa legale contro l'azienda produttrice di un noto videogioco perché in grado di creare dipendenza. Le evidenze ci sono e continuano a crescere, purtroppo non fa altrettanto il nostro buon senso e l'informazione diffusa a riguardo.

È corretto vietare l'uso del cellulare in classe?
Personalmente trovo scorretto il quesito «l'approccio» se posto in tal senso. La questione andrebbe ricondotta piuttosto alla valutazione della reale utilità dei cellulari nei contesti formativi, alle specifiche azioni didattiche possibili, al loro reale valore innovativo e legato all'accrescimento delle competenze di cittadinanza digitale.

Cos'è l'ecologia digitale?
Un'evoluzione dell'ecologia dei media, disciplina accademica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, cerca di ricondurre il discorso sulla comunicazione ad un paradigma ecologico, evidenziando come l'arrivo di ogni nuovo strumento o risorsa comunicativa altera l'intero scenario delle comunicazioni e delle relazioni umane. La nuova declinazione da noi proposta e attiva in quanto insegnamento accademico, si propone appunto di rilanciare quell'idea aggiornandone le basi alla luce della rivoluzione digitale. Alla metafora ecologica iniziale va quindi ad aggiungersi la specificità del paradigma digitale, rappresentata ad esempio dalla facilità di duplicazione, diffusione, modifica anche radicale di ogni contenuto, e agli enormi rischi ed opportunità che questo implica per l'agire umano, in ogni contesto ed età della vita.

Tecnologia e società, un cambio di paradigma è possibile?
Possibile senza dubbio, ma soltanto a patto che ciascuno di noi si impegni a far più attenzione ai propri modelli d'uso, alle proprie "abitudini digitali", e lo faccia soprattutto in presenza di bambini e rispetto alle interazioni con giovani e giovanissimi. Non ultimo, il legislatore potrebbe e dovrebbe cominciare a pensare seriamente ad azioni concrete a tutela delle fasce più deboli, per ragioni ad esempio culturali o anagrafiche, della popolazione.

La scuola digitale è il futuro della formazione e del mercato del lavoro?
Direi più che altro il presente, e già da alcuni decenni se penso alla mia esperienza di studio e professionale legata appunto alle tecnologie dell'apprendimento. L'Italia ha sviluppato i primi pioneristici percorsi d'informatica per le scuole addirittura alla fine degli anni sessanta, sarebbe quindi il caso di considerare come i tempi siano ben più che maturi perché si affronti finalmente in modo sistemico la questione. Un presente che dovrebbe quindi vederci curare la formazione digitale dei docenti ancor prima che degli studenti, l'aggiornamento della cittadinanza in senso ampio e una miglior connessione (che la tecnologica può enormemente facilitare) tra sistema formativo e mercato del lavoro.

Infine, cosa suggerisce ai nativi digitali?
Direi a giovani e giovanissimi italiani digitali, di fare sempre molta attenzione a quanto tempo trascorrono con i propri device, a quanto usano i propri dispositivi e per fare cosa. Perché quello che hanno in mano non è un "telefono intelligente" ma un micro computer che ci permette anche di telefonare ma con cui possiamo accedere all'intero bagaglio di conoscenze prodotto sino ad ora dal genere umano. Direi loro di non sprecare troppi neuroni sui social o sui videogiochi e di provare invece ad imparare qualcosa di utile ogni giorno, di usare la tecnologia per far emergere e aggiornare costantemente, la versione migliore di loro stessi.













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