SANITA'

Le ostetriche: "Basta abusi sulle donne in sala parto"

La presidente Zanetti: "Probabilmente talvolta ostetriche, medici e personale infermieristico hanno oltrepassato i limiti"



BOLZANO. "La violenza ostetrica esiste anche in Alto Adige. Crediamo sia giusto parlarne per sensibilizzare popolazione e operatori". Parla così Sara Zanetti, neo presidente del Collegio ostetriche della provincia di Bolzano. La prima ricerca nazionale realizzata dalla Doxa per conto dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica in Italia dice - infatti - che il 21% delle mamme con figli di 0-14 anni dichiara di aver subito un maltrattamento fisico o verbale durante il primo parto. La stessa ricerca dice anche che 1 donna su 3 si è sentita in qualche modo tagliata fuori da decisioni e scelte fondamentali che hanno riguardato la nascita. In particolare, la principale esperienza negativa vissuta, secondo la ricerca, è la pratica dell’episiotomia (il taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva), subita da oltre la metà (54%) delle intervistate.

Un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, oggi è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), “pratica dannosa, tranne in rari casi”.

Sara Zanetti, che lavora come ostetrica da dodici anni, dice che durante il parto una donna dovrebbe sentirsi protetta. É un momento delicato nella vita delle future mamme. Eppure - come detto - si stima che circa 1 milione di madri in Italia, affermino di essere state vittime di una qualche forma di violenza ostetrica, fisica o psicologica, alla loro prima esperienza di maternità.

Per Zanetti la “violenza” può avvenire in qualsiasi momento del percorso di nascita, escluse le emergenze. "In Alto Adige nascono in media 15 bambini al giorno e nel 2016 i parti sono stati 5.447. Probabilmente talvolta ostetriche, medici e personale infermieristico hanno oltrepassato i limiti. E non parlo della tanto discussa manovra di Kristeller, che consiste in una spinta effettuata durante la fase finale del parto per aiutare il bambino ad uscire, ma di molto altro. Parlo di donne che si sono sentite sole, di mancanza di informazioni ai futuri genitori, di protocolli e prescrizioni che relegano le future mamme in secondo piano, di visite effettuate senza il permesso della donna e di una qualità non sempre soddisfacente del rapporto tra operatori e donne e tra operatori e strutture. Va anche detto che la pressione che il personale è costretto a vivere - continua Zanetti - a causa dei turni e dell'imprevedibilità dell'evento apre le porte alla “violenza”, anche quando questa non viene esplicitamente percepita da chi la subisce. Quando poi l’ostetrica deve assistere più donne contemporaneamente non è per forza di cose possibile che si dedichi completamente all'ascolto e all'accompagnamento di una sola persona".

 













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