A scuola di social network nel truck della polizia 

L’iniziativa. Alunni delle medie sul Lungopassirio per scoprire i rischi e le insidie delle app L’ispettore della postale: «In rete ci vogliono le stesse precauzioni che usiamo nella vita “reale”»


Sara Martinello


Merano. Una lezione diversa, quella che gli alunni delle prime e delle seconde delle scuole medie Segantini, Negrelli e Obermais e i loro insegnanti hanno affrontato ieri. In cattedra gli agenti della polizia postale di Bolzano, in un truck parcheggiato davanti al Kurhaus per sensibilizzare i “nativi digitali” rispetto alle insidie di app e social. Sono quasi 12 mila i ragazzi, i genitori e gli insegnanti raggiunti lo scorso anno scolastico dalla campagna itinerante “Una vita da social”, per un totale di 159 incontri in sinergia con l’associazione Il Germoglio, col Forum Prevenzione, con la garante per l’infanzia e l’adolescenza e con le scuole. Entro giugno si conta di arrivare ai 155 dal settembre 2018. La campagna si muove molto nelle periferie, e non soltanto nei centri più popolosi della provincia. «Organizziamo incontri con ogni realtà scolastica o istituzione che ce lo richieda – spiega Ivo Plotegher, ispettore superiore della polizia postale –. A Merano siamo stati chiamati dall’amministrazione comunale. Il vicesindaco Andrea Rossi è venuto qui per conoscere meglio quest’iniziativa».

Whatsapp, Snapchat, TikTok, Instagram. Nel camion della postale, ai giovanissimi si spiegano i rischi dei social, dall’adescamento online al cyberbullismo, dalle norme sulla privacy al sexting. Ma anche di giochi come Fortnite: «Succede che bambini e ragazzi usino le carte di credito inserite nei dispositivi per acquistare lo sblocco di livelli e di aiuti – prosegue Plotegher –. Durante gli incontri le domande sono soprattutto intorno alla diffusione delle fotografie. E qui è importante far capire che anche se inviate a una persona considerata cara, di cui al momento ci si fida, è possibile che in un secondo tempo foto sconvenienti potrebbero essere usate per ricattare chi le ha inviate. Per quanto riguarda poi il cyberbullismo, abbiamo notato che dopo il nostro intervento di sensibilizzazione delle classi il fenomeno rientra. Cerchiamo di risolverlo in maniera pedagogica, senza che si debba arrivare a una denuncia. Altro argomento che affrontiamo è l’adescamento di minori: i malintenzionati usano spesso mentire sull’età, proponendosi come coetanei delle vittime. Instaurano con pazienza un rapporto che poi può sfociare nel ricatto (“Se non mi mandi altre foto diffondo quelle che già mi hai inviato”) o in pericolosi incontri dal vivo».

Le prime raccomandazioni della polizia per i genitori sono di non concedere lo smartphone ai minori di 12 anni, e poi di accompagnarli assiduamente nell’uso, attenendosi alle indicazioni dei fornitori di servizi. Una regola per tutti è di concedere l’amicizia online solo a persone che si conoscono dal vivo, anche per evitare manipolazioni psicologiche che portino all’estorsione di denaro. «Esistono applicazioni di parental control – interviene Flavio Negrini di Kaspersky Lab, partner della campagna Vita da social – che permettono di impostare fasce orarie e restrizioni sulle app». Infine, l’ultimo avvertimento di Plotegher: «I giovanissimi non pensano che nella rete ci siano le stesse regole che ci sono nella vita “reale”. L’attività di sensibilizzazione serve anche a far capire che la rete non è uno spazio libero».













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