Merano

Bizze del clima, in un anno 200 uscite in più dei pompieri 

Sei eventi eccezionali concentrati fra la seconda metà di agosto e dicembre hanno provocato seri danni e costretto  i vigili del fuoco volontari del corpo meranese agli straordinari. Tempeste di vento e pioggia, poi la super nevicata


Simone Facchini


MERANO. Prima le tempeste con pioggia e vento, poi la neve come da tempo non si ricordava. Negli ultimi quattro mesi del 2020 la città è stata funestata a più riprese dal maltempo, con una concentrazione di eventi meteorologici estremi inedita.

Per curare le ferite, in prima linea c’erano i vigili del fuoco del corpo meranese. Un dato su tutti fotografa gli effetti di questo “clima pazzo”: il numero di loro interventi in un anno è cresciuto del 40%. Duecento uscite in più – da 539 a 739 - riconducibili al maltempo.

Il comandante Alfred Strohmer, nei suoi primi dieci mesi di mandato, oltre agli stravolgimenti provocati dal Covid che hanno annullato o almeno stravolto le attività formative e sociali, ha dovuto affrontare i colpi inferti da vento, pioggia, neve, acqua. Tra fine agosto e dicembre, concentrati dunque in circa un terzo dell’anno, gli eventi più acuti, riassunti da Simon Waldner, segretario dei vigili del fuoco di Merano, per un report richiesto dall’associazione provinciale dei pompieri. Perché quello accaduto in così poco tempo nei mesi scorsi in questa città ha colpito tutti.

Le tempeste.

Tutto sommato, la prima parte dell’anno non aveva fatto rilevare fenomeni meteorologici di portata eccezionale. Il lockdown che aveva paralizzato la quotidianità aveva portato con sé quasi un rallentamento della routine della caserma. di via Leopardi.

Il primo, violento schiaffo arriva il 22 agosto. Nel pomeriggio il cielo si fa cupo e annunciata da folate che avrebbero raggiunto i 120 km/h si scatena una tempesta. Vento, grandine e pioggia si abbattono sulla città. Il sistema di deflusso delle acque va in tilt. Alberi sradicati e rami spezzati.

Cantine, garage, magazzini e abitazioni al pianterreno allagate. Oltre 100 chiamate alla centrale in dieci ore, tutte le autopompe dei sei corpi meranesi (oltre a quello cittadino, ci sono Maia Bassa, Maia Alta, Quarazze, Sinigo/Montefranco e Labers) ma anche di San Zeno e Lagundo in azione. Passano pochi giorni e il 30 agosto ancora pioggia battente. Osservato speciale l’Adige che raggiunge soglie preoccupanti, ma fa paura anche il Passirio. Situazione che in sostanza si ripete il 16 settembre.

La settimana successiva è il vento con punte di 100 km/h a scarmigliare la città: ne fanno spese alcune coperture della case e gli alberi. Fra gli altri, la violenza delle folate sradica un gigantesco pioppo al parco della stazione, la pianta si abbatte sul lembo di viale Europa che si immette in piazza Mazzini e nella caduta coinvolge tre auto in transito: miracolati i passeggeri di una station wagon centrata in pieno.

Pochi giorni dopo, è il 3 ottobre, di nuovo allarme acqua: il Passirio torna ad alzare la voce, il borbottio dei sassi trascinati dalla forza della corrente mette i brividi. Le forti piogge che inzuppano la Val Passiria innalzano il livello di 2,60 metri. I ponti vengono presidiati dai pompieri, in particolare ponte Teatro dove l’acqua è al limite. Alcuni tratti delle passeggiate Gilf e d’Estate sul Lungopassirio vengono chiusi poiché lambiti e in alcuni segmenti raggiunti dai flutti e allagati.

La neve in abbondanza.

Arriva dicembre e la pioggia diventa neve. Il primo fine settimana cadono precipitazioni di norma spalmate su tre mesi. Sotto il carico nevoso, impregnato dalla pioggia, si spezza una moltitudine di rami. Vengono chiusi diversi parchi. Cedimenti del terreno si verificano sopra via Verdi e nelle vicinanze del Trauttmansdorff. Quello più eclatante in via monte San Zeno dove un tratto di strada frana verso la casa sottostante: 15 persone vengono evacuate.

È il sesto episodio di grave maltempo con danni notevoli in quattro mesi. Il rapporto fra antropizzazione e natura si regge su delicati equilibri.

 













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