Caritas e crisi post Covid, oltre un terzo di aiuti in più 

Nuove povertà. Salite del 33 per cento le famiglie che si sono rivolte alla Consulenza debitori Spesso si tratta di persone che prima dell’emergenza vivevano al di sopra delle loro possibilità


Sara Martinello


Merano. Tutti intorno a noi sembravano godere di una solida situazione finanziaria, la povertà veniva spazzata sotto il tappeto. Mai ci saremmo aspettati di vedersi sgretolare la bella vita slow altoatesina. Ci sbagliavamo di grosso. Il lockdown ha sferzato la sua coda uncinata sulle finanze degli altoatesini anche più vistosamente di quanto l’abbia fatto la crisi finanziaria del 2008.

I dati della crisi.

Così, tra la fine di marzo e la metà di giugno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, a Merano la Caritas ha registrato un 33 per cento in più di richieste di sostegno finanziario, come attesta Stefan Plaikner, responsabile del servizio di Consulenza debitori. Appena sotto la media provinciale, attestatasi sul 34 per cento. Per la città del Passirio si parla di circa 11.600 euro di donazioni erogate, circa un quarto del totale della Provincia, contro gli 8.700 nel 2019. Hanno permesso di saldare le spese condominiali, il prezzo di di beni di prima necessità o le bollette di luce e gas a chi all’improvviso si è sentito mancare la terra sotto i piedi e che in alcuni casi continua a essere sostenuto dalla Caritas.

Per circa due terzi i richiedenti sono cittadini italiani (equamente ripartiti tra i due gruppi linguistici), per il resto di nuclei con background migratorio. «Se in altri periodi sono persone nate all’estero a non trovare una fonte di reddito, stavolta si è trattato proprio di gente che un lavoro l’aveva e che da marzo in avanti non ha più potuto trarne il reddito necessario ad andare avanti – prosegue Plaikner –. Il nostro lavoro è cambiato, durante e dopo l’emergenza sanitaria. Da una parte perché spesso è venuto a mancare il contatto vis à vis, dall’altra per via dell’incremento delle attività di informazione e di mediazione rispetto all’offerta dei servizi e delle forme di sostegno attivati da Stato e Provincia».

La risposta solidaristica.

Determinante nel superamento del senso di sconfitta è stata infatti una certa lentezza da parte delle istituzioni nell’erogare gli aiuti. Tanti i nuovi contatti con persone che mai prima si erano rivolte all’organizzazione diocesana e che mai avrebbero pensato di farlo: «Il primo passo è affrontare il senso di vergogna e rivolgersi a chi ci può ascoltare e aiutare», conferma il direttore della Caritas altoatesina Paolo Valente. «Già con la crisi del 2008 avevamo aiutato persone che non ne avevano mai avuto bisogno. Ma allora la richiesta era più diluita, non concentrata come negli ultimi tre mesi». Da parte sua, la Caritas ha trovato il modo di amministrare le proprie risorse continuando a garantire gli stipendi a tutti i suoi 300 operatori, senza usufruire della cassa integrazione. E senza mettere a rischio le iniziative estive rivolte in primo luogo alle famiglie a basso reddito, coi soggiorni per bambini a Caorle e a Cesenatico che pur a fronte di un forte contingentamento dei partecipanti necessitano dello stesso personale di sempre, e quindi di un sacrificio economico da parte dell’organizzazione.













Altre notizie

Attualità