La pandemia

Covid, il giovane infermiere: «Tanti no-vax irriducibili» 

Dalla Rianimazione la testimonianza di un sanitario che lavora nel reparto da febbraio dell’anno scorso: «Una ragazza mia coetanea non è riuscita a convincere la madre a vaccinarsi: si è ricreduta solo prima di essere intubata» 



MERANO. Dal reparto di Terapia intensiva Covid dell’ospedale di Merano, questa volta è un infermiere a raccontare al videomaker Andrea Pizzini la sua esperienza con i pazienti intubati. Florian, il nome del giovane infermiere che da febbraio 2021 lavora al Tappeiner, dopo essersi diplomato alla scuola Claudiana.

«Quando tutto è iniziato per me, l’anno scorso, e mi sono ritrovato in questo reparto, devo dire che la confusione in testa era tanta. Quello che mi stupisce, però, è il fatto che a distanza di un anno le cose sono ancora le stesse», esordisce Florian che aggiunge: «La differenza è che oggi in Terapia intensiva ci finiscono pazienti più giovani e in grande percentuale non vaccinati. Per questo, ci si chiede cosa succeda nella testa dei non vaccinati. Cosa pensano? Che film vedono? Detto questo, fino a poco prima di essere intubati, li vedo insistere coraggiosi e testardi sulle loro posizioni, contro il vaccino e contro l’esistenza stessa del Covid nel momento stesso in cui rischia di portargli via la vita», sottolinea l’infermiere meranese.

Tante le storie che Florian avrebbe da raccontare e condividere con il videomaker Pizzini. Ne sceglie una su tutte, forse perché protagonista è una ragazza quasi sua coetanea che non riuscì a convincere la madre a vaccinarsi. «Mi rimarrà per sempre questo esempio in mente. Una donna anziana che non ne aveva voluto sapere di farsi vaccinare. Solo poco prima di venire intubata, ha iniziato a rimproverarsi di non avere seguito i consigli della figlia e questo ha chiaramente avuto effetti sulla famiglia. Sono esperienze che ti toccano profondamente. È stato tremendo sapere che quella donna a casa aveva rifiutato qualsiasi trattamento sanitario nella disperazione della figlia che implorava la madre di farsi ricoverare».

A raccogliere materiale video col progetto Wellenbrecher, documento di cosa stia accadendo nei reparti di Terapia intensiva Covid altoatesini, è sempre Andrea Pizzini che confida: «A questi operatori, una volta che escono dai reparti ospedalieri, la domanda che amici e conoscenti fanno loro è sempre la stessa: tutti vogliono sapere come è la situazione dentro e se è vero che in terapia intensiva ci vanno quasi solo i non vaccinati», spiega Pizzini che negli ultimi mesi sta sempre più raccontando la delusione dei sanitari a confronto con pazienti no-vax ricoverati. «Nell’ultimo mese e mezzo sto andando nelle terapie intensive Covid una volta alla settimana.

Ormai le storie sono tutte le stesse, con i non vaccinati in stragrande maggioranza che però non si fanno intervistare. Ad alcuni ho spiegato che la loro sarebbe una testimonianza importante, magari per altri che non credono nel vaccino. Quasi sempre, la risposta è la stessa: queste persone non se la sentono di lanciare messaggi», sottolinea Pizzini che però ha cercato di capire i motivi per i quali tra i no-vax ricoverati ci sia questa ritrosia nel mostrare di essersi sbagliati. «Le ragioni sono varie. Ad esempio, molte sono persone emotivamente fragili e si sentirebbero in imbarazzo anche ad esprimersi, poi ci sono i testardi, magari quelli ricoverati che però non finiscono in intensiva e per quello gridano alla vittoria. Non contro la malattia ma contro i sanitari. Poi ci sono quelli che dopo una esperienza di intubazione magari cambiano anche idea, ma se i loro amici sono no-vax, allora hanno paura a dire che il Covid esiste», racconta il videomaker meranese.

Anche per lui, sono tanti i ricordi di esperienze spesso al limite dell’inverosimile. Ricordi di pazienti talmente testardi che a forza di rifiutare le cure ci hanno perfino rimesso la vita.

«Solo pochissimi giorni fa, ho intervistato una persona che si era curata con vitamine e integratori naturali come consigliano in mille video pseudo scienziati. Questa persona era finita in un reparto Covid ma non in intensiva. Salvata, invece di ringraziare i sanitari, sosteneva di non essere guarita proprio perché si era curata con le vitamine. Questa persona parlava in questo modo, mentre i dottori cercavano di spiegare cosa era invece accaduto. Infatti, nella stazione Covid normale, come nel suo caso, le persone ricevono ossigeno, farmaci e altre medicine specifiche. Per questo, accade che in quel momento si sentano meglio di come stavano a casa. Questo produce un effetto strano e alcuni di loro finiscono per sostenere che non sarebbe stato necessario farsi ricoverare», continua Pizzini che racconta di persone morte anche in Alto Adige per essersi sottratte alle cure dei sanitari, così come individui deceduti in quanto, avendo ritardato il ricovero per motivi meramente ideologici, alla fine le cure ospedaliere non sono riuscite a far regredire il corso della malattia.

«La maggior parte delle persone oggi ricoverate nei reparti Covid in Alto Adige provengono dalle valli. Persone fragili vittime di questa campagna anti vaccino che in quelle zone è molto forte».













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