I “train surfer”: «Lo rifaremo» 

La folle corsa sul treno. Si tratta di un gruppo di 10 giovani tra i 20 e i 24 anni residenti a Merano e in val Venosta In due giorni hanno triplicato i follower. «L’abbiamo già fatto altre sei, sette volte, e abbiamo in programma altre azioni»


Sara Martinello


Merano. A celarsi dietro l’account @free.kidz è un gruppo di dieci ragazzi di età compresa fra i 20 e i 24 anni, tutti residenti a Merano o nella val Venosta. Per preparare il video di train surfing girato sulla linea ferroviaria tra Bolzano e Merano ci hanno messo un mese, ma in realtà è da un anno che fanno azioni come quella che negli ultimi giorni ha fatto il giro della cronaca locale e indotto la Polfer ad aprire un’indagine. «L’abbiamo fatto altre sei, sette volte», rivelano i protagonisti alla Tageszeitung.

Obiettivo raggiunto.

Nel frattempo, nelle stories (video che dopo 24 ore spariscono, a meno che il proprietario non le salvi nel proprio profilo) pubblicate sul loro account Instagram sono passati tutti gli articoli che hanno parlato del loro ultimo video. E da mercoledì – il giorno della pubblicazione sull’Alto Adige e su numerose testate online – i follower sono triplicati, passando dagli appena 400 di martedì pomeriggio ai quasi 1300 registrati alle 17 di ieri. Alla stessa ora, quasi 8 mila le visualizzazioni del video. Dieci volte tante rispetto a martedì. Follower e interazioni social servono soprattutto alla conversione in valore economico, come insegna la parabola degli influencer. Anche all’ego, perché no.

La ricerca del brivido.

Ma a questo gruppo di giovani sembra importare qualcos’altro: la sfida, il rischio, un divertimento che loro definiscono “sano”.

Sì, non stanno finanziando le mafie della droga – come puntualizzano nell’intervista al quotidiano in lingua tedesca –, ma mettono a repentaglio le loro vite e la serenità delle loro famiglie. «Anziché abusare di alcol o di stupefacenti noi preferiamo divertirci così. Sta tutto nel brivido, nella paura. Una paura che c’è, si sente, e che allo stesso tempo impedisce di esagerare. La paura è il sentimento migliore».

Vivere in comparti stagni.

James Dean sessantacinque anni dopo, i dieci giovani sprezzanti del pericolo e delle norme che categorizzano il train surfing nella sfera di quanto più di rischioso ci sia. E non c’è solo quel gioco sul filo del rasoio, la paura, l’adrenalina, il protagonismo. Il calcio a un futuro che scompare nell’orizzonte della civiltà del “qui e ora”, di un carpe diem pure frustrante se guardato nella prospettiva data oggi ai giovani, fatta di scaglioni, di comparti stagni: «Ora studio, troverò un lavoro, forse riuscirò a comprare un appartamento che pagherò fino ai 70 anni, chissà se prenderò mai la pensione», la sintesi dello psicologo clinico Davide Vanni in un’intervista all’Alto Adige.

La frattura del “sistema”.

È un sistema tanto serrato da invogliare alla frattura. C’è chi la cerca nei movimenti studenteschi – assenti a Merano –, chi la cerca nei libri o nell’arte. «Abbiamo notato che tutti lavorano ad alimentare il sistema. Non si fanno domande, e ogni giorno scorre allo stesso modo. Ognuno deve essere come il sistema vuole che sia», commenta il gruppo di @free.kidz. Non sono escluse nuove azioni analoghe a quella del train surfing sul treno Sad tra la stazione di Gargazzone e quella di Maia Bassa: «Ne abbiamo già programmate alcune», fanno sapere.

Ora però il gioco si fa anche più rischioso, con l’apertura di un’indagine da parte della Polfer, che dall’indirizzo IP di @free.kidz potrebbe risalire ai gestori del profilo Instagram.













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