la tradizione

In un forno di 900 anni nasce il pane dei frati

Nell’abbazia di Monte Maria a Burgusio si fa da secoli l’Ur-Paarlbrot, prodotto dai Benedettini


di Silvano Faggioni


MALLES. Arriviamo di primo mattino a Burgusio, frazione di Malles. A Monte Maria una leggera nebbia contribuisce a creare un’atmosfera da film come “Il nome della rosa”. Monte Maria è un’abbazia di frati benedettini. Padre Maria Urs è un giovane frate svizzero, plurilingue e di ampia cultura, che da diversi anni ormai con gioia e pazienza ricopre il ruolo di panettiere della confraternita.

Del pane di Monte Maria si dice che venga prodotto secondo una ricetta antica, gelosamente custodita in convento, con cui si preparava il leggendario Ur-Paarlbrot, il pane di segale con la forma di un 8.

Padre Urs ci apre le porte di quella che da sempre è la cantina che ospita il forno dove viene cotto il pane. Il fuoco a legna è già stato acceso alle prime luci dell’alba. È un’operazione che va condotta con grande cura, perché dalla corretta gestione del calore dipenderanno la riuscita del lavoro e la buona qualità del pane. Padre Urs è aiutato nel suo lavoro da un volontario della zona. Si comincia con l’impasto della farina e con la preparazione delle pagnotte.

Un tempo a Monte Maria si producevano diversi tipi di pane con una frequenza mensile, ma c’erano più frati. Oggi se ne fanno solo due tipi, uno a base di farina di segale, il famoso Ur-Paarlbrot a forma di un otto, appunto, l’altro con sola farina bianca.

Si va al forno quattro volte l’anno. L’abbazia di Monte Maria, come detto, viene spesso citata come custode della ricetta originaria di questo leggendario tipo di pane, venduto ormai in tante panetterie altoatesine. In realtà, a quanto ci dice lo stesso padre Urs, una ricetta antica scritta non esisterebbe. Ormai le pagnotte sono pronte per essere infornate. A questo punto però inizia una fase molto delicata per padre Urs. Deve portare il forno alla giusta temperatura, attorno ai 500 gradi. All’interno del forno si sono raggiunti quasi gli 800 (quando non esisteva il termometro andavano a occhio).

Occorre raffreddarlo usando il metodo di sempre: un grande canovaccio continuamente inumidito nell’acqua. È un’operazione che va ripetuta diverse volte. Un forno troppo caldo brucerebbe il fondo delle pagnotte, rendendole di fatto non commestibili. Finalmente ci siamo. Le pagnotte possono essere infornate. Perché siano cotte ci vorranno tre minuti. Nell’attesa che il pane sia pronto ne approfittiamo per una veloce visita all’abbazia, oggi meta di tanti turisti da ogni angolo d’Europa.

Monte Maria ha molto da offrire ai visitatori. Di notevole importanza storica è la cripta, il luogo originario della preghiera corale dei frati e della celebrazione della messa. Durante lavori di restauro negli anni ‘80 vennero alla luce preziosissimi affreschi che rappresentano un vero tesoro dell’arte romanica. In questa cripta l’allora cardinale Josef Ratzinger, il futuro papa Benedetto XVI, celebrò una messa.

Di grandissimo valore anche la biblioteca, oggi completamente ristrutturata , che custodisce ben 90 mila volumi di ogni epoca, i cui titoli sono stati tutti digitalizzati. Un vero patrimonio dell’umanità. Un luogo che è divenuto tappa obbligatoria per ogni storico e bibliofilo. Degno di nota, per quantità e qualità dei documenti conservati, è l’archivio storico dell’abbazia, aperto al pubblico così come la biblioteca.

Non si può non visitare la chiesa e il moderno museo aperto negli ultimi anni. Ma torniamo nella cantina, dove ormai il pane è pronto per essere sfornato e sistemato su grosse assi di legno. Nel forno padre Urs ha provato a fare anche la pizza per alcuni ragazzi, il risultato a quanto pare è stato molto apprezzato. Un tempo a Monte Maria si provvedeva a macinare direttamente i cereali della zona con un piccolo mulino sistemato in un locale dell’antico edificio, vicino al forno. Oggi i monaci acquistano le farine già pronte, è più comodo e più igienico. Anche perché da qualche anno possono contare su farine di segale e di farro prodotte da agricoltori del luogo.













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