Il caso

Merano, l’ex distributore Agip di via Piave fra degrado e futuro incerto 

Fallito il partenariato pubblico-privato per realizzare un bike point, non si sa cosa sarà fatto della struttura chiusa da 18 anni. Intanto lo stato di abbandono genera problemi di decoro e di igiene pubblica. L’interrogazione del Pd 



MERANO. Da anni l'ex stazione di servizio Agip di via Piave, all’intersezione con il braccio di via Toti, versa in uno stato di pietoso abbandono. Preda di erbacce e calamita per lo smaltimento illegale di rifiuti.

Disegnato dall'ingegner Piero Richard ed entrato in funzione nel 1952, il distributore di via Piave dismesso ormai diciotto anni fa è ancora lasciato al suo destino. Dopo l'acquisto da parte del Comune di Merano nel 2016 che con un versamento di 160.000 euro si era assicurato la struttura, la giunta guidata da Paul Rösch l'anno successivo annunciò la sua trasformazione in un bike point, anche se dopo un’asta andata deserta non se ne fece più nulla.

Ora, il Partito democratico presenta una interrogazione al sindaco Dal Medico per sapere «quando ed in che modo intenda intervenire a salvaguardia della salubrità del luogo, quale sarà il futuro dell'area occupata dal distributore dismesso e in che modo si intenda preservare dal punto di vista architettonico la struttura esistente», visto che attualmente è diventato ricettacolo per rifiuti abbandonati e ammasso di materiali con conseguente proliferazione di animali infestanti.

L’idea del bike point.

Ispirata allo stile dell'architetto Mario Bacciocchi, come detto, la stazione di servizio passò nelle disponibilità comunali solo grazie a uno speciale accordo con la società Eni, proprietaria dell'immobile, che aveva però vincolato la vendita all'utilizzo sociale della struttura di oltre 800 metri quadrati di superficie. Dopo avere fatto valere un diritto di prelazione per via del valore artistico dell'opera, l'amministrazione Rösch si era messa in moto per dare un futuro a questo prezioso manufatto.

Completati i lavori di bonifica delle cisterne ad opera e a carico di Eni, venne subito annunciata l'idea di trasformare l'ex stazione di servizio in un bike point con tanto di hotel per ciclisti. In altre parole, un centro pensato per i turisti che transitano a Merano in sella alle loro bici. Nello specifico, senza l'intenzione di modificare l'aspetto estetico della struttura, sull'area si immaginò la realizzazione di un centro per il noleggio e la custodia dei mezzi ma anche un bar dotato di tavolini esterni e un'area dedicata all'igiene personale dei turisti a pochi passi dal centro cittadino. Non solo, nel progetto presentato dall'amministrazione Rösch si immaginava anche un'officina per la riparazione dei velocipedi, oltre a un negozio di prodotti alimentari e abbigliamento specifici per il mondo a due ruote. Infine, l'installazione di un infopoint turistico capace di servire tutta la città. La gestione dell'immobile sarebbe stata affidata con regolare bando alla libera impresa, dopo una valutazione dei costi per la sistemazione.

Quindi, nel giugno del 2019 venne lanciato un partenariato pubblico privato, un bando di gara per la realizzazione e gestione dell'intera opera al quale però si presentò solo un offerente, peraltro con una proposta priva di alcuni elementi fondamentali.

Infatti, neppure la possibilità di sfruttare 1.600 metri di cubatura per costruire una piccola struttura ricettiva era stato sufficiente ad attrarre qualche interessato con gli idonei requisiti. L'idea di project financing richiedeva agli offerenti di assumersi i costi di ristrutturazione del distributore dismesso calcolati in un milione di euro, albergo escluso. Grazie alla gestione del bike point, l'investitore – nel business plan ipotizzato dai redattori del bando - sarebbe successivamente rientrato nei costi. Evidentemente, il punto di pareggio e inizio del possibile guadagno per un potenziale investitore venne considerato troppo lontano nel tempo e forse per questo l'asta andò praticamente deserta.

Le contestazioni.

Sulla vicenda, immediatamente si alzò critica la voce critica dell'Athletic Club: «Troppo traffico e spazio insufficiente per le comitive che si vogliono ospitare, meglio spendere meno e realizzare il bike point al camping di Maia Bassa», in sintesi il commento dei ciclisti meranesi.

L'amministrazione Rösch non si dimostrò dello stesso avviso, infatti, in sede di presentazione del progetto, lo stesso ex sindaco affermava: «L'edificio si trova ad un punto nevralgico per la mobilità ciclistica e pedonale, con il parco delle Terme a pochi passi e la possibilità di collegarlo facilmente ai percorsi ciclabili diretti in centro, in val Passiria, in val Venosta e a Bolzano. La stazione di servizio di un tempo potrà diventare un nodo della mobilità ciclistica del futuro. Il bike point di via Piave sarà un passo importante verso la mobilità dolce e il turismo sostenibile». Ora, dopo oltre due anni, la palla passa a Dal Medico e alla sua giunta a cui spetterà il compito di dare un futuro all'ex distributore Agip, e magari nel frattempo provvedere a limitare il brutto impatto estetico figlio di quasi un ventennio d'abbandono.













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