Uccise l’amico, in appello gli scontano due anni 

La condanna inflitta a Riccardo Strazzer è scesa in secondo grado da 16 a 14 anni Confermati invece a fine pena i tre anni ulteriori in una struttura protetta  



MERANO. Due anni in meno di pena detentiva per effetto di un calcolo più corretto e generoso delle attenuanti generiche a suo tempo riconosciute dalla Corte d’assise di primo grado. Riccardo Strazzer, il clochard di 61 anni, in carcere per l'omicidio di Peter Cristina, meranese quarantatrenne, ha dunque ottenuto ieri mattina una sensibile riduzione della condanna di primo grado: da 16 si è passati a 14 anni di reclusione, a cui vanno comunque aggiunti altri tre anni da trascorrere in una casa di cura e custodia. Il processo di secondo grado, davanti alla corte d’assise d’appello di Bolzano, non si è nemmeno svolto. L’accordo per una riduzione è stato raggiunto direttamente dall’avvocato difensore Nicola Nettis. La nuova condanna è stata dunque concordata prima dell’udienza. Di conseguenza il legale ha rinunciato ai motivi d’appello. La sentenza (concordata) è stata poi verbalizzata e ufficializzata in un nuovo dispositivo. Il caso è sostanzialmente chiuso in quanto l’avvocato difensore, comprensibilmente soddisfatto, ha annunciato che non vi sarà ricorso in Cassazione. Come si ricorderà l’omicidio venne compiuto nell’estate del 2015 in via 4 novembre a Merano. In primo grado (con rito abbreviato) Strazzer venne riconosciuto colpevole delle due fatali coltellate inferte all'amico che lo ospitava in casa. In realtà che Strazzer fosse l’autore dell’omicidio non è mai stato in dubbio dato che l’imputato confessò subito dopo la tragedia, maturata in un ambiente degradato caratterizzato anche da un sensibile consumo di bevande alcoliche. L’avvocato difensore Nicola Nettis ha però ottenuto un risultato processuale di rilievo perchè l’imputazione originaria, mossa nei confronti di Strazzer, era da ergastolo. All’uomo infatti erano state contestate tre aggravanti tra cui i cosiddetti futili motivi in grado di portare al massimo della pena. In realtà la difesa è riuscita a “disinnescare” parte del capo d’imputazione puntando in primo luogo sul rito abbreviato (che prevede il diritto ad uno sconto di pena di un terzo) ed in secondo luogo ad una verifica delle condizioni psichiche dell’imputato che nel corso dell’inchiesta è stato riconosciuto semi infermo di mente. In effetti la seconda perizia disposta dal giudice (ed affidata al professor Eraldo Mancioppi) rilevò che l’imputato, al momento della tragedia, non sarebbe stato nel pieno delle sue facoltà mentali.(ma.be.)

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