Scuola

No dei sindacati agli 11 mesi: «Insegnanti in fuga dagli asili»

In 900 hanno partecipato alle assemblee sindacali per contrastare il prolungamento dell’apertura
LA PROPOSTA Orari a misura di famiglie 
LA PROVINCIA Scuole aperte 11 mesi


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Non abbiamo mai ricevuto tante richieste di informazioni sulle modalità di licenziamento, come in questo periodo. Il personale è esasperato dalla piega che sta prendendo la discussione sull'allungamento a 11 mesi della scuola dell'infanzia e più d'una sta pensando di passare alla scuola primaria. Già oggi, nella scuola per l'infanzia, c'è una carenza cronica di personale qualificato ed entro il 2030 si prevede che circa mille, tra insegnanti e collaboratrici pedagogiche, andranno in pensione. Senza un confronto nelle sedi opportune, non solo non sarà possibile pensare ad un'apertura a 11 mesi, ma di questo passo difficilmente si riuscirà a coprire gli attuali 10 mesi».

Ulli Bauhofer, sindacalista della funzione pubblica della Cgil, in una nota firmata assieme a Karin Wellenzohn della Asgb, dice no al prolungamento e chiede un "confronto a 360 gradi" sul tema, dopo le assemblee sindacali, organizzate dalle categorie del pubblico impiego, alle quali hanno partecipato oltre 900 insegnanti e collaboratrici pedagogiche italiane e tedesche. In realtà il potenziamento dell'offerta è chiesto con sempre più forza sia dalle famiglie che dagli imprenditori per consentire a madri e padri di conciliare le esigenze lavorative con la gestione dei figli. Cosa che oggi è resa spesso difficile da servizi ancora troppo rigidi come orari e periodi di apertura.

Le insegnanti sono stanche«La scuola dell'infanzia si trova al primo livello di istruzione ed è quindi in condizioni di parità con la scuola. Il personale è molto colpito dai toni usati nella discussione. Sull'argomento sembra che tutti sappiano tutto, esprimendo giudizi anche inopportuni sulla stampa. La verità è che questo è anno di elezioni e i politici fanno a gara per accaparrarsi i voti. In questo caso delle associazioni delle famiglie». Il problema però esiste: la scuola per l'infanzia non tiene conto delle esigenze delle famiglie di oggi in cui entrambi i genitori - per necessità o per scelta, oppure per entrambe - lavorano.

«Tutti parlano dei problemi dei genitori, nessuno si preoccupa del personale: le insegnanti per l'infanzia - che oggi devono avere la laurea come per insegnare nella scuola primaria - sono stanche dopo 10 mesi di lavoro, anche perché su di loro pesano responsabilità sempre più grandi. E comunque - in questa discussione - sembra che tutti ignorino il fatto che anche i bambini hanno bisogno di una pausa. Fare un figlio è una scelta, non si può pensare di scaricare tutto sulla scuola». Bauhofer insiste sul fatto che, nei periodi in cui la scuola è chiusa, ci sono comunque una serie di offerte alternative: «Non c'è che l'imbarazzo della scelta. Le attività proposte possono soddisfare tutte le esigenze e tutti i gusti. Il problema semmai è che costano di più della scuola materna e per questo sarebbe importante un sostegno economico da parte della Provincia».

In realtà - ribattono le famiglie - al di là della maggiore spesa, c'è un problema di tipo pedagogico: i bambini - che non sono dei pacchetti da spostare da un'iniziativa all'altra - avrebbero bisogno di "continuità" sia per quanto riguarda il progetto educativo (insegnanti e amichetti); sia per quanto riguarda la location. Ma secondo la sindacalista della Cgil è illusorio pensare che si otterrebbe la "continuità" allungando ad 11 mesi il periodo di apertura delle scuole dell'infanzia: «Lo si è visto, durante l'estate della pandemia, i bambini si sono trovati ad andare all'asilo estivo in una scuola diversa, con insegnanti e bambini diversi da quelli che avevano avuto durante i mesi precedenti». La parità tra uomo e donna«Da più parti si insiste - sostiene Bauhofer - sulla parità tra uomo e donna all'interno della coppia, ma questa non si raggiunge se la donna lavora 10 ore al giorno. Serve che entrambi i genitori si occupino in maniera "equa" del figlio. Lo ripeto, non si può scaricare tutte le responsabilità sulla scuola». 













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