«Nella crisi, il cinema ci aiuta a reinventarci» 

Daniele Liotti. Il protagonista di «Un passo dal cielo» attende di tornare sui set in Val Pusteria «Penso a quelle valli, alle montagne, a posti che mi iniettano un senso di libertà, di appartenenza» 


Emanuela Castellini


Val pusteria. “Amo tutto il Trentino Alto Adige. La Val Pusteria è diventata una seconda casa per me. Ho parlato con tutte le persone, ormai diventate amiche, delle vostre zone per condividere il triste momento che stiamo vivendo legato all’emergenza coronavirus. E c’è una grande voglia di ricominciare a lavorare per una serie unica perché ti porta a viaggiare con lo sguardo nei vostri incantevoli paesaggi. Gli sceneggiatori stanno scrivendo da casa. Dovevamo iniziare a girare a fine maggio ma credo che inizieremo le riprese a giugno, sempre che si possa tornare alla normalità”.

Daniele Liotti parla con passione della sesta stagione di “Un passo dal cielo”, la serie prodotta da Lux Vide, in onda su RaiUno, che fin dall’inizio ha registrato ascolti altissimi.

Intanto è pronto il suo ultimo film “Un figlio di nome Erasmus” di Alberto Ferrari (che sarebbe dovuto uscire nelle sale), disponibile sulle principali piattaforme Vod (Sky, Chili, Infinity, Google Play e altre).

“È una commedia dove si piange e si ride – sottolinea Liotti - È molto tenera, ha una sua autenticità ed è ancorata alla realtà”.

Completano il cast Luca Bizzarri, Ricky Memphis e Paolo Kessioglu. È un’iniziativa coraggiosa perché è il primo lungometraggio che può essere visto in streaming.

“Il film è sulle piattaforme streaming a 7 euro e 99 centesimi. Sarebbe piaciuto a tutti noi poterlo far vedere gratuitamente, soprattutto in un momento come questo, ma i produttori hanno bisogno di un minimo di rientro economico. Per fermare l’epidemia da coronavirus ci siamo tutti chiusi in casa ed è giusto, ma non significa che anche dentro le mura domestiche dobbiamo bloccarci. Questo è un modo anche per reinventarsi e il cinema fa la sua parte anche così. Penso che il nostro film potrà regalare un po’ di leggerezza”.

Al centro della storia quattro amici che avevano fatto insieme l’Erasmus vent’anni prima a Lisbona. Tutti e quattro avevano avuto un flirt con la stessa ragazza. Alla sua morte ricevono una telefonata da un avvocato che comunica che hanno una figlia. Partono per il Portogallo per capire chi di loro sia il padre biologico e alcuni non sono neppure contenti di rivedersi. È un film che ha come caposaldo il concetto di amicizia e di paternità?

“Sì. È una riscoperta di se stessi. Una seconda possibilità che questi quattro uomini si danno attraverso l’espediente di dover cercare una figlia che nessuno di loro sospettava di avere. Si ritrovano durante il viaggio a confrontarsi mentre riaffiorano i contrasti che avevano avuto tanti anni prima. Il tutto in chiave goliardica, perché è una commedia, ma molto sincera. Ognuno dei nostri personaggi fa un viaggio personale e rimette in gioco la propria esistenza”.

Tornando a “Un passo dal cielo”, quanto si ritrova nei panni del comandante della Forestale, Francesco Neri?

“Tanto. È nel mio cuore, mi appartiene. In alcuni lati del carattere è molto simile a me: è una mia costola perché gli ho dato un’identità ben precisa che è entrata nelle case degli italiani, ed è anche molto apprezzata. Adesso che ho tanto tempo libero la prima cosa che mi viene in mente è il contatto con la natura, con le vostre valli, i laghi, le montagne e pensare ai vostri posti che mi iniettano quel senso di libertà, di appartenenza. Ora più che mai mi mancano tanto”.

Ma sua figlia Beatrice, che ha due anni e mezzo, la porterà ancora sul set?

“Certo. Era già venuta con noi durante le ultime riprese. Ho le sue foto, i video di quando aveva appena un anno e su un prato di San Candido ha iniziato a camminare, anzi a correre e non vediamo l’ora di ritornare per rigenerarci”.













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