IL CASO

Rilevatori di gas, allarme truffatori a domicilio

Il Centro tutela consumatori invita a fare attenzione: "Non aprite la porta agli sconosciuti e non firmate documenti"



BOLZANO. Numerosi operatori impegnati nella vendita porta a porta di fantomatici dispositivi contro intossicazioni ed esplosioni (un nome più inquietante per quelli che un tempo erano semplici “sensori antigas”) sono stati segnalati in questi giorni a Bolzano.

Episodi di fronte ai quali il Centro Tutela Consumatori Utenti di Bolzano ricorda due regole d’oro: «Non fate entrare in casa sconosciuti. E, in qualsiasi caso, non firmate mai nulla. Nemmeno quella che può sembrare la più innocua delle ricevute».

Cambia il nome dell’apparecchio, cambia il nome della ditta che li vende, non cambia l’obbiettivo dei venditori: convincere i malcapitati di turno che l’installazione dell’apparecchio è obbligatoria per legge. Falso. Va da sé, quindi, che non è nemmeno obbligatorio acquistarlo, sborsando fino a trecento euro, e anche più, per un aggeggio di plastica che in un qualsiasi negozio di fai da te si trova a circa 20 euro.

Ma il miglior trucco per evitare discussioni e fregature è quello di non aprire e non far entrare in casa gli operatori di questa ditta. «Da me – spiega una bolzanina – s’è presentato un giovane uomo cortese e dalla parlantina fluente. Mi ha detto: “Signora, ci vuole una valvola elettronica perché hanno messo i contatori a lettura elettronica e serve una nuova valvola di sicurezza”. Gli ho chiesto se costava e lui, prontamente, dopo aver dato uno sguardo al salvavita sulla parete, mi ha detto di sì, che come avevo pagato il salvavita, anni fa, ora avrei dovuto pagare anche la nuova valvola. Poi mi ha chiesto una scala e, quando ho chiesto ulteriori spiegazioni, per ben due volte, lui mi ha detto “Lei non ha capito, allora!”». Alla fine, l’operatore piazza un rilevatore di fumo sul muro, chiede 299 euro alla donna e stacca ricevuta.

«Non so come sia potuto accadere – spiega la signora, comprensibilmente abbattuta – ma gli ho dato il denaro». E come lei lo hanno fatto altri, frastornati dalle chiacchiere e presi alla sprovvista da questi operatori. Dopo essersi rivolta al Centro tutela consumatori, la donna ha impacchettato l’apparecchio rifilatole dal venditore e lo ha spedito all’azienda lombarda cui fa capo l’incaricato, chiedendo il rimborso del denaro». Il Ctcu, infatti, ricorda che trattandosi di «“vendite porta a porta”, così come previsto dal Codice del Consumo, al consumatore è consentito recedere (cd. diritto di ripensamento) dal contratto stipulato entro 14 giorni di calendario dalla sua sottoscrizione o dalla consegna del prodotto, preferibilmente a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno.

Al Ctcu, i cui consulenti sono a disposizione per ogni informazione sulla questione nella sede del Centro (via Dodiciville, 2 – Bolzano) o al telelefono 0471 975597 o per mail a: info@centroconsumatori.it.













Altre notizie

Attualità