Clima

Tanta neve, ma ghiacciai a rischio

L’allarme dei glaciologi del Cai. Quest’anno ha nevicato tanto ma soprattutto in febbraio: neve tardiva poco utile al manto ghiacciato. E’ l’inverno più caldo dall’inizio delle misurazioni, e per l’estate previsti nuovi pesanti ritiri (il ghiacciaio di Vallelunga, foto servizio glaciologico Alto Adige)


Davide Pasquali


BOLZANO. L'inverno meteorologico, appena terminato con la fine del mese di febbraio, in media è stato il più caldo dal 1850, ossia da quando in Alto Adige si effettuano misurazioni scientifiche. Ha anche nevicato più della media, specialmente in febbraio. Un manto nevoso tardivo però, assai meno efficace di quello invernale, quanto meno per preservare i ghiacciai. E se ancora non è dato sapere come si concluderà l'annata glaciale 2024, che terminerà a fine estate, i segnali al momento sono tutt'altro che incoraggianti. Previsti nuovi, pesanti ritiri dei ghiacciai nostrani. Lo spiegano il presidente del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, il generale Pietro Bruschi, e il direttore scientifico del SgAA, il geologo Franco Secchieri.Anche se adesso c'è la neve che li ricopre, chiariscono, è il caso di tornare a parlare dei ghiacciai perché, stagione a parte, sono formidabili indicatori di quello che sta accadendo al clima e all'ambiente. «Proprio per questo, già alcuni decenni or sono come Servizio Glaciologico del Cai Alto Adige avevamo segnalato un allarme per i ghiacciai che rimase tuttavia inascoltato». Oggi che la situazione climatica si sta aggravando, i ghiacciai sono saliti all'attenzione scientifica e mediatica per la veloce riduzione in atto a causa di annate siccitose e con temperature sempre più elevate.

L'inverno 2023/2024 è finito

In questi giorni l'inverno meteorologico sta volgendo al termine, spiegano oltre, e il manto nevoso in quota, che costituisce l'alimento essenziale per la sopravvivenza delle masse gelate, è abbastanza scarso nonostante le ultime nevicate. «È mancata la neve invernale, un segnale negativo per il bilancio glaciologico anche per questa annata (2023-2024), che si chiuderà alla fine della prossima estate». La neve invernale infatti, spiegano i glaciologi, «è più efficace di quella primaverile perché ha tutto il tempo di compattarsi maggiormente (nevato) e quindi più resistente alle elevate temperature e alla penetrazione dell'onda termica». Nel 2024 «dovremo quindi aspettarci una ulteriore riduzione delle masse gelate» con conseguenze che non riguardano soltanto il paesaggio, anche se l'aspetto delle montagne ha una grande rilevanza ambientale. «Certamente è una ferita al cuore vedere montagne come ad esempio la Palla Bianca, o altre famose cime altoatesine, rimanere senza il bianco cappotto, ma sarà ancora più grave vedere le portate di grandi fiumi come l'Adige ridursi in modo preoccupante». I ghiacciai, ricordano, costituiscono soprattutto la riserva d'acqua in forma solida che viene rilasciata durante la stagione estiva a tutto beneficio delle portate dei torrenti e dei fiumi.

Un allarme poco ascoltato

Oggi tutti ne parlano, tengono a sottolineare i glaciologici, «ma i segnali del cambiamento li avevamo già lanciati verso gli anni '90, quando le fronti glaciali cominciavano a ritirarsi dopo una breve espansione iniziatasi dopo la metà del secolo scorso, a causa di una piccola fase fredda».Un evento testimoniato proprio dall'avanzata di molti ghiacciai, che in qualche caso arrivò persino a superare i quaranta metri in un solo anno, come si desume dalle relazioni delle campagne di rilievi del Comitato Glaciologico Italiano. Tanto che in quegli anni si arrivò persino a prospettare l'inizio di una nuova piccola era glaciale. Un avvenimento climatico comunque non nuovo nella storia anche recente: si ricorda a proposito la nota Piccola età glaciale (Lia o Little ice age) che dal Medio Evo durò fino a circa la metà del XIX secolo e della quale esistono testimonianze come le grandi morene che oggi si possono ammirare in molte valli alpine.

A rischio acqua ed energia

Questo fatto, vanno oltre Bruschi e Secchieri, «porta taluni a sostenere che nulla di nuovo sta succedendo al nostro pianeta, ma certamente la velocità con cui tutto si sta verificando non ha sicuramente paragoni nella storia climatica». Sono a rischio estinzione le scorte di acqua in forma solida che i ghiacciai rilasciano durante l'estate per sopperire alla siccità «e questo sarà veramente un grave problema, oltre che per l'agricoltura, anche per le nostre abitudini, dato che per decenni la nostra società si è sviluppata con una grande abbondanza idrica, tanto da non preoccuparsi di attuare iniziative per il risparmio e l'eventuale accumulo di riserve». Dal punto di vista dell'energia - l'acqua dei laghi artificiali è sicuramente la migliore fonte pulita di produzione di elettricità - anche questi non saranno sufficienti «tanto che si pensa a realizzare grandi vasche di accumulo anche per non sfruttare ulteriormente l'ambiente montano».Non ci si può però illudere di poter cambiare il corso del clima in tempi brevi, sostengono gli esperti del Cai Alto Adige: «Per i climatologi, infatti, l'unità di misura sono i trenta anni e di questo si deve tenere conto semmai si dovesse pensare ad interventi anche drastici».

Problemi anche in pianura

Guardiamo ai ghiacciai anche dalla parte più bassa della pianura, perché là arriva quella vena percorsa da quel liquido vitale che è l'acqua, che la lega alla parte più alta del territorio. «Se i ghiacciai dovessero scomparire - concludono - quella vena resterà senza sangue, con le conseguenze più tragiche che ora possiamo solo immaginare. Consideriamo che circa il 70% dell'acqua serve all'agricoltura, il 22% all'industria, il rimanente 8% all'uso domestico, naturalmente si parla di acqua dolce, che costituisce nemmeno il 3% del volume complessivo dell'acqua del pianeta».













Altre notizie

Attualità