L’Accademia della cucina celebra il Futurismo 

L’istituzione gastronomica. Approfondito il rapporto fra la tavola e il movimento di Marinetti Dopo cinque anni il delegato Raoul Ragazzi cede il testimone a Emanuele De Nobili


simone facchini


MERANO. Nel giorno del passaggio di consegne, l’Accademia italiana della cucina ha guardato al futuro. Così, mentre il delegato meranese uscente Raoul Ragazzi - anche coordinatore territoriale del Trentino Alto Adige - dopo un lustro alla guida consegnava il testimone a Emanuele De Nobili, le portate venivano accompagnate da divagazioni sull’impronta lasciata in cucina dal Futurismo, il movimento che nel 2019 celebra i 110 anni. Organizzata da Ragazzi, la serata andata in scena all’Hidalgo di Postal ha colto il significato profondo della civiltà della tavola che l'Accademia (nome impegnativo ma giusto) propone. Essa è infatti l'unica istituzione gastronomica che si può fregiare del titolo di “istituzione culturale della repubblica italiana”, qualifica conferita dal ministero delle Politiche agricole e forestali.

Il “carneplastico”.

Durante la cena-convegno sono state spiegate le evoluzioni che i criteri della cucina futurista hanno apportato in oltre cento anni, con esempi pratici e ricette. Forse il piatto più conosciuto è il “carneplastico”, che tra l'altro consentiva di riutilizzare gli avanzi del giorno prima. Si legge nel Manifesto futurista: “È composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo”. Inoltre si proponeva l'eliminazione della pastasciutta, ritenuta colpevole di causare a coloro che ne facevano consumo, “fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismi”. Il Manifesto esortava l'abolizione della forchetta e del coltello, dei condimenti tradizionali e si puntava alla creazione dei cosiddetti “bocconi simultaneisti e cangianti”, e invitava i chimici- cuochi a inventare nuovi sapori che fossero accompagnati da musica ed essenze profumate, quasi a far divenire il pasto un evento.

Anticipi di nouvelle cuisine.

Ma cosa è rimasto oggi della ambiziosa stagione della cucina futurista?«Forse più di quanto si pensi», ha spiegato Ragazzi, aggiungendo che si intuisce come «alcuni dei suggerimenti di Marinetti hanno trovato applicazione. Esempi ne sono l'integrazione dei cibi con additivi e conservanti, o l'adozione in cucina di attrezzature tecnologiche per riscaldare, tritare, polverizzare ed emulsionare. Le ricette che apparivano allora rivoluzionarie, anche se in parte erano solo derivate da preparazioni rinascimentali, furono in alcuni casi un’anticipazione della nouvelle cuisine all'italiana. I dettami alimentari futuristi invitavano ad una cucina più sana e leggera e all'introduzione di tecniche di cottura più rispettose delle materie prime. In fondo noi siamo ciò che mangiamo».

Hanno contribuito a riempire di significato alla cerimonia anche i delegati dell’Accademia di Bressanone, Piergiorgio Baruchello, di Trento, Stefano Hauser, e di Rovereto, Germano Berteotti.













Altre notizie

Attualità