L’Accademia della cucina ha celebrato il “fritto” 

Le cene golose. Allo Schlosswirt Forst rievocate le tradizioni del Burgraviato e della Venosta Una delegazione meranese a Siracusa per un gemellaggio nel segno della “civiltà del gusto” 



Merano. Fritti, frittate e frittelle nella cucina della tradizione regionale: questo il tema dell’annuale cena ecumenica dell’Accademia italiana della cucina. La delegazione meranese l’ha vissuta sull’asse Lagundo-Siracusa: allo Schlosswirt Forst con una trentina di associati locali e in Sicilia con una rappresentanza per uno dei gemellaggi nel segno della civiltà della cucina.

È stato Bruno Barbieri, l’altra sera allo Schlosswirt, a ripercorrere la storia del “fritto” locale. Silvano Faggioni l’ha riassunta in una ricerca. In Venosta, il “fritto” si collega innanzitutto ai prodotti di base che si consumano da lungo tempo: il pane, le uova e dal 1700 le patate. Il primo piatto che viene in mente è quello delle patate saltate con le uova fritte all'occhio di bue. Le patate, in genere, vengono prima in parte lessate, quindi saltate nel burro ed aromatizzate con l' erba cipollina. Sul piatto si sistemano poi le uova fritte nel burro. Una specialità venostana è chiamata “cielo e terra” ed è tipica dell'alta Venosta, Si tratta di friggere le patate a tocchetti (dopo averle brevemente lessate), alle quali si aggiungono poi in una terrina pezzetti di pere “Palabirne” (tipiche di Glorenza), anch'esse fritte nel burro. Sorprendente, sempre per l'alta Venosta, è la tradizione del pane fritto. È d'obbligo saltarlo a pezzetti nel grasso per poi aggiungerlo alla tipica zuppa venostana. Per secoli la Venosta è stata il granaio del Tirolo, per cui il pane non mancava, ma si seccava in fretta. Così, ad esempio, nacque la tradizione delle fette dolci di pane , prima tuffate nell'uovo, poi fritte e alla fine cosparse di zucchero. Naturalmente poi c'è la grande tradizione delle omelette, preparate in tanti modi, ma gradite in particolare con la marmellata di mirtilli. Da non dimenticare le classiche frittelle di mele. Ma la grande sorpresa del “fritto” in val Venosta arriva dalle carni. Intanto il Lebergearst, un fritto misto di patate saltate e di fegato di maiale, o talvolta di capra o di pecora. Si può preparare anche mischiando patate, fagioli lessi, costine, wurtstel o collo di maiale. Tutto fritto. Tipici sono i Milzschnitte , pezzettini di milza fritti nella cipolla, aromatizzati con la maggiorana e mischiati all'uovo. Vengono poi spalmati sui crostini. Ci sono quindi i Kalbsbeuschl, pezzi di polmone e di cuore di vitello che vanno prima cotti per 30 minuti con aromi vari, quindi tritati finemente e fritti nel grasso. Si gustano con la polenta gialla. Ci sono invece i Beuschln tradizionali che prevedono solo l'utilizzo del polmone di vitello, prima lessato con gli aromi, quindi tagliato a listarelle che vanno fritte nell'olio con l' aggiunta di un po' di vino rosso e di aceto.

Passando a Merano e dintorni, lo storico Matthias Ladurner Parthanes, in un suo libro, descrive quella che era l'alimentazione della gente umile ai primi del '900, elencando giorno per giorno le pietanze varie. I canederli comparivano praticamente sempre. A lunedì venivano riscaldati nel grasso quelli avanzati la domenica, dopo averli tagliati a fette. L'alternativa erano i Blattlen, quadrati fatti con la pasta dei Krapfen e fritti nel burro. Interessanti, al mercoledì, i blentene Ruebl , un tipo di Schmarrn (frittata con farina e uova), realizzati con diverse farine. In val Passiria il “fritto” è legato per trazione alle trote e ai salmerini. La ricetta più semplice prevede di infarinare i filetti del pesce, quindi immergerli in una padella dove avete scaldato il burro con della salvia. Si alza poi la fiamma e si lascia andare per qualche minuto, alternando la parte con la pelle a quella senza.













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