«Per i caduti del 30 aprile partigiani ieri e domani» 

La commemorazione. Studenti del Gandhi, giunta, associazioni e Anpi insieme per ricordare Rösch indossa la collana e non la fascia: «Fu un eccidio di meranesi, al di là dei gruppi linguistici»


Sara Martinello


Merano. «Ho deciso di indossare la collana del sindaco, invece della fascia tricolore. Perché quello che è successo a Merano il 30 aprile del 1945 non deve essere ricordato come una faccenda tutta italiana, e perché i caduti di quel giorno erano meranesi. Non italiani, tedeschi, ladini, ebrei o cristiani. Erano meranesi». Queste le parole del sindaco Paul Rösch di fronte a chi ieri ha voluto partecipare alla cerimonia di commemorazione dei caduti civili del 30 aprile del 1945. Un pubblico più nutrito rispetto a quello dell’anno scorso anche grazie alla presenza di una delegazione di studenti del Gandhi – insieme al preside Riccardo Aliprandini – e della Consulta giovani, con gli alunni dell’istituto Kafka assiepati alle finestre che danno su piazza Teatro. Presente la giunta al completo, coi consiglieri Balzarini, Casolari, Duschek, Tischler e Ladurner a rinforzare le fila, come a segnalare la necessità di una risposta forte a un fronte nazifascista sempre più prepotente nelle periferie altoatesine, italiane, europee.

Partigiani sempre.

C’era l’ultimo partigiano meranese rimasto in vita, il 97enne Bruno Zito. «Ormai per motivi di salute non posso più partecipare alle manifestazioni bolzanine. Ma sono felice di poterci essere, oggi, davanti alle corone del Comune e dell’Associazione delle vittime civili di guerra, davanti ai parenti dei caduti». Con lui, Maria Tondin, che quei caduti li conosceva bene: nel ‘45 avevo 14 anni, lavorava in fabbrica a Cengles. Una bambina, messa a costruire bombe. Loro erano Giulio Bertini, Paolino Castagna, Orlando Comina, Andrea D’Amico, Johnson Denis, Dino Ferrari, Otello Neri, Luigi Trabacchi, Benone Vivori, Luigi Zanini. «Il senso di trovarsi a ricordare è il senso di vivere – commenta Guido Margheri, presidente dell’Anpi altoatesina –, il senso di dare un volto e un riconoscimento alle vittime. Il loro sacrificio ha espresso contenuti e valori fondamentali ancora oggi, sebbene in tutta Europa sorgano nuovi pericoli». Corroborati dalle narrazioni inquinate, dall’attecchimento sulle nuove miserie di un insegnamento storico dalla presa sempre più scivolosa. «Pochi giorni fa Liliana Segre ha detto che c’è il rischio che quando l’ultimo testimone diretto avrà esaurito il proprio ciclo biologico finiremo per far diventare la Resistenza una mezza pagina su un libro, poi un trafiletto, infine una nota a piè di pagina. Servono quindi nuovi testimoni che tramandino la memoria, che la costruiscano in maniera attuale. Servono nuovi partigiani della Costituzione: in permanenza, c’è sempre una nuova Resistenza da costruire». Questo il senso dell’essere partigiani oggi e domani.

Dignità, libertà e memoria.

«La democrazia che per noi quei coraggiosi partigiani conquistarono e che da loro ci fu donata – spiega il vicesindaco Andrea Rossi di fronte al pubblico – è la forma di governo più vicina alla piena espressione dei diritti umani. Ma allo stesso tempo è la più fragile, perché consegna quei diritti e quelle libertà anche a coloro che vorrebbero affossarla, negarla, distruggerla. Non ci è concesso di non essere vigili e attivi. La democrazia è costata il sacrificio di milioni di uomini e di donne in tutta Europa. E anche noi, loro eredi, dobbiamo partecipare a quel costo. Lo possiamo fare attraverso la pratica quotidiana e attenta della democrazia, lo possiamo fare attraverso la cura della memoria. Ma lo dobbiamo fare ponendo una giusta distinzione tra memoria e semplice ricordo. A quest’ultimo spetta anche la pietà umana per tutti coloro che morirono, da una parte come dall’altra. Ma la memoria è altro perché, citando le parole del nostro presidente Sergio Mattarella, “Non ci può essere equivalenza tra le parti, pur nel rispetto dei morti. Non ci può essere pari dignità fra la parte che allora sosteneva gli occupanti nazisti e la parte che ha lottato per la libertà, per la democrazia, per la pace”». Lo diceva Arrigo Boldrini, «Abbiamo combattuto per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro». La differenza tra vittime e carnefici è tutta qui.













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