la storia

Yessica, 20 anni, da 3 mesi da sola al freddo: «Salva grazie alle mamme di Gries»

Se ne sta sotto una pila di coperte, rannicchiata nel suo piumino nero più largo di due taglie i cartoni la pèroteggono la vento. Un vecchio tappeto persiano le fa da materasso. Il portico è quello all’inizio della passeggiata del Guncina,


Luca Fregona


BOLZANO. «Ho bisogno di una doccia. Ho bisogno di lavarmi. Ho bisogno di stare al caldo». Yessica P., 20 anni, se ne sta sotto una pila di coperte, rannicchiata nel suo piumino nero più largo di due taglie. Una “L” di cartoni la protegge dal vento. Un vecchio tappeto persiano le fa da materasso.

Il portico è quello all’inizio della passeggiata del Guncina, già al buio a mezzogiorno, la strada è una lastra di ghiaccio. Un angolo nascosto, umido e gelido, nel cuore di Gries. È uno scricciolo, Yessica, dorme qui da fine settembre. Tre mesi, Cristo santo. Tre mesi, qui, da sola, una ragazzina che sembra ancora più giovane di quel che è. Una bambina.

«Siamo in tre sulla passeggiata - dice -. Io al “piano terra”, un altro ragazzo a metà e un altro ancora in cima. Ma loro di giorno scompaiono». Lei no. «Io resto qui - dice-. Perché non so dove andare».

A 20 anni da tre mesi senza un tetto, le notti al gelo: «Al buio ho un po' paura, ogni tanto mi tirano sassi»

Jessica, 20 anni, non ha più una casa né un lavoro. Dorme tra i cartoni, al gelo, come tanti altri disperati. C'è chi la aiuta, con pasti caldi, vestiti e coperte.

Le signore della zona l’hanno adottata, passano tutti i giorni: portano coperte, thermos di tè fumante, un piatto caldo di minestra o pastasciutta, un paio di scarpe invernali... Tra loro c’è anche Carmen Casteiner, la mamma di Tania Cagnotto, che si è attivata in tutti i modi per trovarle - invano- un tetto al coperto. «Sono carinissime - dice Yessica riconoscente -. Sono la mia famiglia. Si fermano a chiacchierare. Mi chiedono se ho bisogno di qualcosa, se sto bene... Insomma, si interessano, gli sto a cuore. Io le chiamo le “mie mamme”. Anche questo conta, mi sento meno sola. Senza di loro, sarei già sotto terra. Come Mostafa, il ragazzo egiziano. L’ho conosciuto due giorni prima che morisse. Anche lui aspettava un letto al caldo. Aveva solo una copertina leggera leggera, mi faceva pena, mentre io, grazie alle “mie mamme”, ho anche un sacco a pelo azzurro nuovo di zecca. Ma al freddo si diventa deboli. Il freddo ti frulla. Lo sento, perdo forza di giorno in giorno».

Potrebbe essere nostra figlia, nostra nipote. Una persona qualsiasi a cui la vita ha voltato le spalle. Piccola piccola, un filo di eye liner che le allunga gli occhi grandi e tristi. I folti capelli corvini raccolti in una fascia di lana nera. Un leggero tocco di rossetto. Yessica vive per strada, ma ci tiene al decoro, a tenersi curata.

«I miei angeli custodi mi portano sapone, shampoo secco, amuchina, e anche i trucchi. Non sopporto di essere così sporca. Di sentirmi così sporca».

Ma che ti è successo Yessica? Perché sei finita qui? «Sono nata in Ecuador - racconta -. Quando avevo sette anni sono stata adottata da una famiglia italiana. La mia vita è ripartita qui, a Bolzano. Se in meglio o in peggio, oggi non so dirlo». Le elementari, le medie, le superiori alla Scuola per le professioni sociali Lévinas.

I mille lavoretti per mantenersi dopo il diploma: la commessa, la cassiera, la barista... Una vita normale. Niente droghe né alcol. L’unico sfizio, le sigarette. «Mi sono sempre data da fare. Qualche mese fa però non mi hanno rinnovato il contratto al supermercato. Le cose, da lì, hanno preso una brutta piega. Non sono più riuscita a trovare un lavoro. Non potevo pagare l’affitto, ho chiesto aiuto ai miei».

Yessica prima va dalla madre, ma col patrigno non funziona; poi dal padre, ma va male anche con lui. Per mille ragioni, i rapporti sono ormai in frantumi e lei, una brutta sera di fine settembre, si ritrova sbattuta fuori dalla porta.

«Mi sono rifugiata sotto il Guncina, ma ora, con il freddo e tutto il resto, non ce la faccio davvero più». “Tutto il resto” fa paura: gli orchi girano e annusano la preda, questo posto non è affatto sicuro. Specialmente la notte. «Capita che alcuni uomini si avvicinano in un modo che non mi piace, io faccio finta di dormire. Tremo, chiudo gli occhi, e aspetto che passi».

Capita che le tirino sassi e pezzi di ghiaccio. «Capisco che la mia presenza possa dar fastidio. Ma io me ne sto nascosta, non disturbo, non chiedo niente se non un posto al caldo». Lei aspetta solo che qualcuno venga, letteralmente, a prenderla di peso per portarla via da qui. Non è in grado di aiutarsi da sola, di presentarsi a un dormitorio, di mettersi in fila per un letto. Nel pomeriggio di ieri, venuta a conoscenza del caso, è intervenuta la direttrice Assb Liliana Di Fede. Si è attivata anche Volontarius. Forse già da oggi Yessica sarà finalmente al sicuro. Resta la domanda: com’è possibile che per tre mesi nessuno sia intervenuto, se non le attente signore che frequentano la promenade? Noi, tutti noi, siamo responsabili: non possiamo permettere che il gelo le spezzi il fiato in gola come a Mostafa, o che un orco cali col buio.













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