la psicologa 

davvero siamo in guerra ? basta, si confondono le idee 

Siamo in guerra! Attenzione perché le parole creano la realtà. Da quando è iniziata l’emergenza corona virus 19 l’espressione passa di bocca in bocca e come avviene per i pettegolezzi si gonfia a...



Siamo in guerra! Attenzione perché le parole creano la realtà. Da quando è iniziata l’emergenza corona virus 19 l’espressione passa di bocca in bocca e come avviene per i pettegolezzi si gonfia a dismisura diventando “è peggio che se fossimo in guerra, almeno il nemico lo vedi e gli spari!”. Giornalisti, politici, intellettuali (c’è chi dice che sia una specie estinta), gente comune intervistata...

Io sono nata nel 1953, la guerra non l’ho vissuta, ma ho ancora perfettamente nelle orecchie i racconti di nonni e genitori. Tra gli altri mi è ancora di insegnamento uno di mio padre: “Quando suonava l’ allarme per Pippo e mi sorprendeva per strada mi sdraiavo nel fosso a pancia in su. Se dovevo morire volevo guardare il mio destino in faccia!”. Appunto guardare in faccia la realtà e non fare gli struzzi o raccontarsela.

Sono nata nel 1953, abitavo in piazza Adriano e frequentavo una delle due scuole di lingua italiana, la Manlio Longon. Si partiva per tempo a piedi per arrivare puntuali e ogni giorno si doveva passare davanti a un gran cumulo di macerie, dove ora sorge il Poli ex Standa. Camminando veloci all’andata e lenti al ritorno si potevano vedere il tetto squarciato, le travi in bilico, le pareti decorate con quei buffi disegnini a rullo che ancora si usavano quando io ero bambina. Ma soprattutto si poteva immaginare il terrore di chi aveva dovuto fuggire lasciando tutto, forse anche una persona cara sotto le macerie. La presenza inquietante di quel rudere mi ha accompagnato per tutte le scuole elementari (allora si chiamavano così). Sono nata nel 1953 e il 1968 l’ho vissuto attraverso le immagini in bianco e nero del telegiornale (solo uno), ma anche raccogliendo offerte per i lebbrosi. Una delle mie icone è stato il dottor Schweitzer (chissà chi oggi lo conosce). Non si stancava di sbattere in faccia ai Potenti che bastavano i soldi per un carrarmato per debellare dal mondo la lebbra. Oggi quanti sanno che la lebbra esiste ancora e che i lebbrosi sono costretti a sopravvivere isolati e miserabili?

Beh, chiodo scaccia chiodo con l’Hiv, l’ Ebola, lo Zika, la Sars e adesso il Covid-19 dobbiamo pensare anche a qualche migliaio di lebbrosi? Già pensare, attività ormai fuori moda, lo fanno i computer per noi. Perciò possiamo parlare a vanvera. Le guerre, quelle vere, ci sono eccome e nemmeno tanto lontane. Le guerre sono quell’invenzione esclusivamente umana, in cui ti arriva una bomba radioattiva in testa all’ improvviso, un cecchino ti spara mentre cerchi di andare a procurarti cibo al mercato nero, o un bimbo va in cerca tra l’ immondizia di qualcosa di utile e perde un pezzo di corpo, se resta vivo. È un invenzione che lascia bambini senza un adulto che si occupi di lui e magari un fratello o sorella di soli cinque anni diventa li all’istante adulto, è l’ invenzione per cui donne, ma anche uomini, vengono violentati perché così saranno sconfitti dentro e si ricorderanno per tutta la vita della forza del loro nemico. La guerra crea quel non luogo senza spazio vitale nè tempo futuro, perché ti devi accontentare di sopravvivere nel qui ed ora di un istante, perdendo tutto ciò che è la tua storia.

Perciò per piacere basta con l’ uso scorretto delle parole, perché confondono le idee.

Allora a cosa dobbiamo venire convinti? A diventare obbedienti fuori di ogni logica? A legittimare applicazioni insensata di una misura sensata?

Io ho aderito alla disposizione di non uscire di casa, ho chiuso totalmente il mio lavoro libero professionale, ma più ascolto le notizie e più penso che i politici al guinzaglio dei loro consiglieri così specializzati che non riescono a cogliere le connessioni tra una disciplina e l’ altra, non riescono a pensare in modo interdisciplinare. Scoprano il giorno dopo un effetto collaterale imprevisto e indesiderato di una misura, così ce ne attaccano un pezzo. Secondo il detto “il rimedio peggiore del male”.

Posso solo augurarmi che la smettano non solo di dire che è come essere in guerra ma anche che il Covid-19 era imprevedibile, che è stato un caso sfortunato e non c’entra nulla con il nostro modello di sviluppo, che non vediamo l’ ora di riprendere esattamente o più frenetico di prima. Come sempre la Natura ci offre le occasioni per pensare e imparare, ma non sono certa che ci faremo fruttare questa lezione. Einstein, che dello studio dell’Universo (di cui l’uomo fa parte) se ne intendeva sosteneva che “Due cose sono infinite: l’ Universo e la stupidità umana. Ma riguardo all’Universo ho ancora dei dubbi”. Credenti o no facciamo tesoro della riflessione di Papa Francesco: “Abbiamo pensato di rimanere sempre sani in mondo malato” e certo le malattie più gravi del mondo non sono i virus!

(psicologa psicoterapeuta)













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