MOSTRA FOTOGRAFICA 

Il dramma delle ragazze nigeriane costrette alla prostituzione

BOLZANO. Sono migliaia le ragazze nigeriane sulle strade d’Italia. Le chiamano prostitute, ma sarebbe meglio dire prostituite: costrette a vendere il proprio corpo per pagare un debito assurdo, per...



BOLZANO. Sono migliaia le ragazze nigeriane sulle strade d’Italia. Le chiamano prostitute, ma sarebbe meglio dire prostituite: costrette a vendere il proprio corpo per pagare un debito assurdo, per salvare se stesse e le proprie famiglie.

Sono vittime di un traffico vergognoso che dalla Nigeria all’Italia si snoda lungo le rotte di una delle peggiori schiavitù contemporanee.

Quello della tratta di ragazze nigeriane per lo sfruttamento sessuale è diventato, dagli anni Ottanta in poi, un business da miliardi di dollari, fatto sulla pelle di ragazze giovanissime, cresciute in un contesto di miseria e degrado e desiderose di una vita migliore. Ingannate e minacciate, finiscono col ritrovarsi in un Paese straniero, in balìa di persone senza scrupoli, gettate su una strada dove subiscono i peggiori abusi.

Per scandagliare a fondo il fenomeno in tutti i suoi aspetti - sociali, culturali, economici… - la Federazione stampa missionaria italiana (Fesmi) - una rete di circa quaranta testate diffuse su tutto il territorio nazionale - ha deciso di realizzare un progetto su più livelli, non solo per denunciare questa vergognosa schiavitù, ma anche per sostenere concretamente le esperienze positive di sensibilizzazione, prevenzione e recupero di queste giovani donne, sia in Italia che in Nigeria. Per documentare questo lavoro e per stimolare l’opinione pubblica italiana alla riflessione e all’azione, la Fesmi ha deciso innanzitutto di inviare una giornalista e una fotoreporter nei luoghi da cui queste ragazze provengono: Lagos e soprattutto Benin City, nell’Edo State, la capitale nigeriana di questo orribile traffico. Al ritorno, sono scese sulle strade italiane, per incontrarle là dove sono costrette a vendere il proprio corpo. E infine sono andate nelle comunità di accoglienza, dove queste ragazze provano a ricostruirsi una vita qui in Italia. O scelgono, eventualmente, di tornare a casa. Il tutto si è tradotto in una mostra fotografica dal titolo “Mai più schiave - Slaves no more”, che il Centro per la Pace, la Caritas Diocesi Bolzano-Bressanone, la Diocesi Bolzano-Bressanone e Volontarius portano fino al 28 di febbraio presso la Libera Università di Bolzano (orari: da lunedì a venerdì 8-18, sabato 8 – 13, chiuso la domenica). La mostra fotografica - con le immagini della reporter Silvia Morara e i testi della giornalista di “Mondo e Missione” Anna Pozzi - racconta le loro storie - non solo per denunciare questa vergognosa schiavitù, ma anche per sostenere concretamente le esperienze positive di sensibilizzazione, prevenzione e recupero di queste giovani donne, sia in Italia che in Nigeria.















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