Il Tsb racconta vita e arte del leggendario Chet Baker 

Bolzano, lo spettacolo di Leo Muscato e Laura Perini inaugura la stagione 2019-2019 Sul palco da domani a far rivivere la tromba del jazzista Usa, ci sarà Paolo Fresu 


di Massimo Bertoldi


BOLZANO. “Il trombettista e cantante Chet Baker morì in questo luogo il 13 maggio 1988. Egli vivrà nella sua musica per tutti quelli che vorranno ascoltarla e capirla”. Così si legge nella targa commemorativa posta all’esterno di un hotel di Amsterdam, dove il celebre musicista americano morì candendo in circostanze ancora misteriose da una finestra. E questo personaggio tanto tormentato quanto geniale è il protagonista di “Tempo di Chet. La versione di Chet Baker”, lo spettacolo inaugurale della nuova stagione del Teatro Stabile in scena nella sala Grande del Teatro Comunale di Bolzano da domani, 8 novembre all’11, alle 20.30. Il testo di Leo Muscato e Laura Perini ripercorre le tappe essenziali della vita e della carriera del talentuoso musicista attraverso una sequenza di sette quadri dipinti da un linguaggio essenziale e asciutto. Si ricostruisce il contesto sociale e culturale entro il quale matura l’esperienza di Chet Baker attraverso il ricorso alla doppia formula drammaturgica del flashback e del ricordo monologato e circostanziato. Domina una costante narrativa: la dialettica tra lucidità e alterazione, tra incontro e scontro con la realtà, a partire dal dissidio vissuto in famiglia quando il giovane musicista manifestava la vocazione artistica. Si prosegue con il rapporto con il compositore Herbie Harber che racconta le prime esperienze al club Show time (“Sapevo che era una specie di cavallo matto”), con la fortunata audizione organizzata nel 1952 da un appassionato Charlie Parker tanto da scritturarlo immediatamente per una tournée californiana e poi affermare: “sulla West Coast c’è un bianco che sa suonare il jazz”, provocando le ire di Miles Davis. Di fatto Chet stava cambiando la storia della musica ma senza consapevolezza e finalità: “Io non voglio fare nessuna rivoluzione . Suono me stesso e basta. Se poi dentro la mia voce c’è la rivoluzione, tanto di guadagnato”. La purezza della sua passione sembra andare oltre la considerazione dei suoi rivali detrattori, le valutazioni dei critici musicali, le pressioni delle case discografiche. Alla personalità di Baker il bel testo di Muscato e Perini intreccia come un nodo indissolubile il rapporto morboso con la droga che, tra l’altro, provoca all’artista seri problemi con la giustizia culminati in processi, internamento, espulsioni. E poi ci sono le tante donne. Per esempio, la terza moglie, la bella ballerina Carol Jackson racconta: “Non era difficile capire la sua fragilità, la sua timidezza. Quando suonava era di una malinconia disarmante, conquistava tutti”. In “Tempo di Chet. La versione di Chet Baker” non c’è retorica celebrativa, manca la parola enfatica che alimenta il mito. La figura di Chet assurge semmai a simbolo delle inquietudini novecentesche animate da percorsi esistenziali che declinano nell’arte il tormentato rapporto con i meccanismi produttivi della società e con la morale dominante. Perciò la sua folle parabola è condivisa da altri geniali “maledetti”. L’attesa produzione dello Stabile si avvale della regia di Leo Muscato, della presenza di Paolo Fresu cui competono le musiche originali eseguite con il supporto di Dino Rubino e Marco Bardoscia; le parti recitate son affidate alle competenze di Alessandro Averone, Rufin Doh, Simone Luglio, Debora Mancini, Daniele Marmi, Graziano Piazza, Mauro Parrinello, Laura Pozone; le scene sono di Andrea Belli e i costumi sono di Silvia Aymonino.















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