la riflessione 

in questo periodo i voti non sono tutto 

Da insegnante, non penso che l’unico grosso problema che annebbia la corretta percezione della realtà da parte di tanti nostri ragazzi siano le cosiddette fake news. Più sottile e lancinante ancora...



Da insegnante, non penso che l’unico grosso problema che annebbia la corretta percezione della realtà da parte di tanti nostri ragazzi siano le cosiddette fake news. Più sottile e lancinante ancora credo sia la quasi impossibilità di comunicare il buco nero che la attuale situazione inedita induce nel loro intimo. Per comunicarlo - tu come ragazzo - dovresti averlo almeno in parte focalizzato ma specialmente trovare un orecchio disposto ad ascoltarti (Stephen King, “Stand by me”). Questo disagio non si manifesta nella superficie della consapevolezza di tanti giovani dove anzi magari ostentano sicurezza. La attuale situazione sottilmente angosciante è inedita per tutti, adulti compresi e troppi di noi si arroccano sulle poche e discutibili certezze che hanno regolato finora il nostro agire da educatori: i voti, per esempio, le interrogazioni. Ebbene mi chiedo: quanti di noi circoscrivono (Pirandello, “Il treno ha fischiato”) i contatti on line con gli allievi a questi campi? Skype usato per interrogare, ma “ci devono essere almeno 2 professori perché l’interrogazione risulti valida”. Non è veramente troppo poco? Dalla psicanalisi in poi almeno, sappiamo che c’è molto, ma molto di più che ribolle sotto la crosta della nostra cosiddetta personalità e che riuscire a relazionarci con le tante, confuse problematiche che impregnano i nostri momenti di insicurezza costituisce la fragile base di una identità in ultima analisi migliore proprio perché meno rigida, meno supponente, più umilmente consapevole.

Oggi è esploso il modo della comunicazione on line a tutti i livelli: dai più ludici ai più impegnativi. C’è qualcuno di noi che può misconoscere l’aiuto che questa moderna tecnologia ci ha dato in queste lunghe settimane? Dalle videochiamate agli infiniti microvideo, dai flash mob alla disorientante quantità di informazioni sul Coronavirus spesso discordanti tutte apparentemente autorevoli. Negli ultimi anni in ogni campo professionale abbiamo assistito a un cambiamento generale, un’accelerazione che ha trasformato nettamente il nostro modo di essere sul lavoro, un cambiamento per il quale non siamo ancora veramente attrezzati. In quale momento si discute realmente a scuola: nei vecchi Consigli di Classe? nei Collegi Docenti? Sono questi degli organismi efficienti adeguati alla complessità dell’oggi o sono stati svuotati nei fatti del loro senso democratico? La nostra società tutta sta diventando sempre più una macchina nella quale il ruolo del discutere è ristretto solo alle sfere più alte o a certi organi specializzati. Una macchina che va fatta andare avanti, con la sua benzina, i pneumatici gonfi, il controllo dell’olio. Le possibili scelte diverse ci sarebbero, ma è difficile e faticoso individuarle e tanto più farsi ascoltare nella nostra “società dell’immagine”. Una macchina, e chi pensa più? Ci vuole voglia ed energia e tempo.

Ed allora e tanto più invito con forza i colleghi fin d’oggi a praticare nei limiti del possibile il dilemma di quanto e quando una scuola digitale abbia una marcia in più rispetto a quella tradizionale. Quando costituisca un arricchimento di quella “intelligenza emotiva” che vorremmo costitutiva dei nostri giovani. Il sovradosaggio attuale di link, di accattivanti scorciatoie audiovisive non costruisce di per sé, ammoniscono esperti del rango di Ferrarotti, Stoll, Giovanni Sartori, Mastrocola ed altri. Guai a rinunciare alla seria, talvolta disperata dialettica fra il nostro vecchio mondo libresco e quello luccicante, moderno, apparentemente vincente del digitale. Per mal che vada faremo compagnia all’attore Andrea Castelli che per un’ora ci ha strappato sorrisi agrodolci nel raccontare la quotidiana incomunicabilità tra un padre, ed il figlio adolescente. Solo che adesso quel figlio è in rianimazione per aver difeso una ragazza sconosciuta, e nelle lacrime di quel padre c’è anche gioia intima. Lo ha infatti ritrovato, il figlio: due mondi così lontani non lo erano, in fondo. Le loro discussioni, per strade misteriose, avevano costruito, la società aveva continuato a camminare. Discutiamo e pensiamo, cercando di ascoltare. I voti non sono tutto, non mi sembrano così importanti, adesso.

(insegnante)













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